Alcuni gentili lettori mi chiedono un punto di vista circa la posizione “tiepida” tenuta dal cosiddetto femminismo Pro Life e Pro Family – più disponibile a trattare con il genere maschile a differenza di quello più radicale – riguardo al tema della bigenitorialità, il principio etico in base al quale un bambino ha il diritto legittimo a mantenere un rapporto stabile con entrambi i genitori, anche se gli stessi siano separati o divorziati, i quali si impegnano a superare gli impedimenti che giustifichino l’allontanamento di un genitore da suo figlio. La risposta è ovvia: è una posizione tiepida perché è difficile accettare l’idea di perdere i privilegi associati alla figura materna. Si tratta di potere e della sua diretta gestione.
Quando viene meno la volontà di trovare le soluzioni che consentono all’elemento che paga il prezzo più alto (il figlio) di crescere consentendogli di stare vicino anche al genitore che non abita più sotto lo stesso tetto, il tema della bigenitorialità può esprimersi esclusivamente con posizioni dispotiche e/o decisioni che alimentano sofferenza e dolore in quelli che, a parole, si dice di voler proteggere. Quindi altro che bigenitorialità. Potrebbe essere arrivato il momento di dare un giudizio morale e etico sulla scelta della separazione e del divorzio. Si potrebbe cominciare a smontare il mito della libertà individuale che consente a un adulto di venire meno al diritto del bambino di avere un padre e una madre, di essere protetto da entrambi contemporaneamente, di vivere in salute e in equilibrio proprio grazie alla loro presenza, di proteggerlo da situazioni pericolose, di essere considerato alla pari dei contendenti, di poter vivere come un bambino senza farsi carico dei problemi della coppia in conflitto.
La famiglia che sta antipatica al sistema.
Numerosi studi condotti, tra cui ad esempio, quello di Psichiatria della Virginia Commonwealth University, confermati dall’Università di Tokyo, si concludono con risultati lapidari: la separazione dei genitori porterebbe nei figli scompensi maggiori addirittura della morte dei genitori stessi. Escluse situazioni particolarmente drammatiche vicine ai casi penali più che civili, sembra che il divorzio non faccia per nulla bene ai bambini e i suoi effetti sono da valutare attentamente. Il divorzio (il papà e la mamma non si vogliono più bene) per i bambini significa senso di colpa (cosa ho fatto per farli tanto arrabbiare?), sconfitta e mostra loro il fallimento dei genitori i quali, per il proprio “benessere”, rompono il vincolo di una promessa. Ho già detto che saranno le donne insieme ai loro uomini a salvare il mondo; lo stesso principio vale per la maggior parte dei matrimoni che, per il bene dei bambini, devono essere salvati. La bigenitorialità è una conseguenza di qualcosa che si è rotto, mentre occorre lavorare di più, per far sì, che quella cosa rotta possa essere aggiustata a beneficio solo ed esclusivamente dei figli.
La narrazione del divorzificio ha fatto passare il concetto che un ambiente familiare imperfetto sia negativo per l’equilibrio dei figli: altra menzogna accettata. Sono veramente poche le famiglie dove tutto fila sempre liscio con papà e mamma che si relazionano civilmente misurando le parole. Anche se i figli assistono alle recriminazioni che marito e moglie non si risparmiano, alternate a discussioni e silenzi e musi lunghi, l’importante per loro è sapere che domani saranno ancora insieme senza cedere alla tentazione di mollare ed andarsene. Perché dopo la croce dei conflitti arriva quella della separazione, che è ben più pesante da portare. E non c’è nulla di più formativo ed educativo di assistere a un conflitto, alla sua composizione, alla riconciliazione che ne segue con la conseguente fortificazione del legame. Le cose danneggiate in gran parte dei casi si possono riparare, non si deve per forza buttar via tutto e comprare ex novo. Ecco uno dei motivi per cui la famiglia e la sua capacità di auto-ripararsi sta antipatica al sistema attuale: è diseducativa per il servo-consumatore del futuro.
Amare due esseri imperfetti ma uniti.
Crescendo, i figli perdonano l’imperfezione degli adulti, e quando marito e moglie resistono, diventano per loro degli eroi, dei combattenti che hanno lottato per i figli oltre che per se stessi. E loro, i bambini, vi ringrazieranno di essere rimasti insieme anche per loro, di averli salvati dall’egocentrismo, dal vittimismo che nasce nei figli dei separati. Perché i danni fatti da una famiglia imperfetta sono inferiori a quelli rilevati nei bambini orfani di genitori vivi, con essi si viene più facilmente a patti perché più vicini alla vita reale che ogni individuo si trova poi a vivere. Fior di psicologi possono testimoniare le loro tribolazioni quando si trovano a dover provare a risanare l’odio che nasce nel figlio consapevole dei sotterfugi meschini messi in atto dal genitore che ha ostacolato il suo rapporto l’altro genitore. I figli di chi ha resistito ringraziano perché alla tipica domanda «non vi separate per i bambini?», avete risposto di sì, pur se l’avete fatto anche per voi stessi. Ringraziano perché nella tempesta hanno imparato ad amare due esseri imperfetti ma uniti, ed essi rappresenteranno per lui sempre un modello.