di Sara De Ceglia, Presidente Associazione #Bambini Strappati – Alcuni giorni fa abbiamo potuto assistere al felice epilogo di una storia di sequestro internazionale di minore. Si tratta della vicenda Daidone, un papà intrepido e caparbio che ha attraversato l’Europa alla ricerca del suo piccolo Federico, con cui è rientrato in Sicilia da pochi giorni. Una storia drammatica che ha portato una donna in fuga a far vivere suo figlio di vagabondaggio e di stenti, tra Portogallo e Spagna, continuamente esposto al pericolo, per poi essere recuperato in Svizzera dove la madre, su cui pendeva un mandato di cattura internazionale, l’aveva condotto. Un comportamento folle, tipico di chi pensa di restare impunito o di chi conta su molte protezioni, di per sé anche molto coerente con le aspirazioni di una certa sfera politica in marcia a ruota libera verso una regressione storica che ci porta indietro di circa 70 anni.
Una marcia indietro che non tiene nel minimo conto il duro lavoro e il sacrificio, anche umano, della categoria dei papà, persone che in passato e ancora oggi vengono automaticamente messe fuori dalla vita dei minori. Il giornalista di inchiesta Marco Gregoretti, racconta infatti che già verso la fine degli anni 80, venne creato l’ISP – Istituto di Studi sulla Paternità, fondato da Maurizio Quilici, l’allora direttore dell’Ansa, di cui Gregoretti fu membro e anche ispiratore sotto alcuni aspetti. L’ISP tracciò dati impressionanti circa l’automaticità con cui i figli venivano affidati alla madre (il 97%). Si registrò anche che l’avvocatura metteva in atto una serie di pressioni per indurre molte donne a sporgere false denunce circa sospetti abusi sui minori, e anche per questo si riuscì a ottenere un’attenzione politica verso la condizione in cui vivevano i padri e le drammatiche conseguenze prodotte dalle false accuse.
Dovrebbe concentrarsi nel redigere delle proposte di legge.
La figura paterna veniva e viene di fatto annientata sotto l’aspetto del mantenimento e dei rapporti con la prole, al punto tale da far maturare l’esigenza di porre fine a un’agonia inflitta ingiustamente, in primis nei confronti dei figli a cui viene brutalmente strappato il papà, provocandone non pochi traumi. Gli studi circa le gravi ripercussioni da questo agire sconsiderato, negli anni, hanno prodotto una serie di riforme e di carte sottoscritte a livello mondiale che tendono a garantire alla figura paterna gli stessi diritti di quella materna, tutelando i minori stessi da una pratica lesiva e ingiusta. La legge 54 del 2006, piuttosto tardiva ma di grande efficacia, imporrebbe difatti, in materia di separazione e affidamento, che in caso di separazione dei coniugi, il figlio minore abbia il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservarne rapporti continuativi.
Oltre a essere malamente applicata, la suddetta legge è oggi violentemente contestata dalle femministe, tanto da proporne l’abrogazione, incuranti del danno che ciò farebbe agli stessi minori vittime non di rado di alienazione genitoriale, usati come leva e arma di contesa da genitori che non accettano in alcun modo di dover condividere l’affidamento. Un volto simbolo di questo movimento è l‘On. Veronica Giannone (ex M5S, ora nel Gruppo Misto): partita inizialmente su una posizione a tutela dei minori, si è col tempo evoluta (o involuta) in una presa di posizione che, a quanto abbiamo potuto documentare, l’ha portata a compiere azioni a nostro parere decisamente discutibili. Ci risulta ad esempio che l’On. Giannone abbia tentato di interferire con un caso di affidamento facendo leva sulla sua carica politica, vantando una ragione non riconosciuta poi dal collegio designato che, stando sempre ai resoconti (mai smentiti), avrebbe tuonato contro la stessa un invito ad abbandonare l’aula del tribunale. Che evidentemente aveva confuso con quella del Parlamento, dove a nostro avviso dovrebbe concentrarsi nel lavoro che le compete.
Sarebbe utile per la sua carriera politica un confronto con le vittime.
Qualcosa di simile parrebbe essere accaduto nella contesa che ha visto contrapposti Giovanni Daidone e la madre di suo figlio. Qualche giorno fa, contemporaneamente al ritrovamento del piccolo Federico in Svizzera, appare sulla bacheca dell’On Giannone un post dove si descrive un caso analogo proprio alla vicenda Daidone, a partire proprio dalla location: la Svizzera. Nel testo l’On. attacca persino il Ministro Di Maio per non aver dato attenzione alle sue pressioni. Un post che sembrerebbe suggerire una risposta alle domande del padre su come la ex abbia potuto permettersi una fuga all’estero senza supporti adeguati. Fortuna che si sono mosse diverse associazioni del territorio, tra cui Sportello Jugenstad di Marinella Colombo e #BambiniStrappati, ma anche alcune personalità in territorio ispanico, che hanno collaborato in risposta dell’appello di Giovanni, riuscendo a fargli riavere suo figlio. In ogni caso le domande restano: l’On. Giannone c’entra qualcosa nella vicenda della sottrazione del piccolo Federico? È stata lei a favorire la fuga di una persona ricercata a livello internazionale per sottrazione di minore, in spregio a una decisione del Tribunale dei Minori, cosa che il suo post su Facebook lascerebbe supporre?
Sono domande che si pongono in molti nell’associazionismo in difesa dei minori, e che qualcuno ha provato a porre anche all’interessata. Dalle sue pagine social, però, l’On. Giannone oppone una personalità convinta di essere al di sopra della legge. Pare che la stessa non abbia alcuna intenzione di confrontarsi con chi le pone questioni, dimenticando di essere rappresentante e “dipendente” del popolo che le corrisponde un discreto onorario. Piuttosto che cercare di entrare in sintonia con le diverse esigenze, preferisce snobbare chi vuole confrontarsi, in virtù di una condizione che evidentemente percepisce al di sopra di chiunque altro. Ciò non toglie che le sue azioni hanno indignato l’amplissima schiera dei sostenitori della bigenitorialità, quella cosa che lei non esita a definire “maledetta” o “stramaledetta“, sollevando con ciò diversi dubbi circa l’effettivo spessore della sua cultura e delle sue aspirazioni, che sembrano oggi porsi in contrasto con la tutela dell’infanzia. Quando invece sarebbe utile per la sua carriera politica un confronto con le vittime che oggi reclamano a gran voce la figura paterna, che in alcuni casi non hanno più potuto recuperare, magari perché il dolore ha spinto quel genitore al suicidio.