Il 29 dicembre, la sezione “AlleyOop” del Sole24Ore, uno degli house-organ più accaniti del femminismo nazionale, ha pubblicato questo lungo e lamentoso articolo sulla vicenda di Giulia Schiff, l’allieva dell’aeronautica che ha innescato un parapiglia giudiziario a seguito delle violenze che, così asserisce, è stata costretta a subire durante l’usuale e goliardico rito di passaggio da allieva a pilota. Qualche giorno prima ne avevamo parlato anche noi, postando il contro-video, pubblicato dal Corriere del Veneto, dove si vede la stessa Schiff sottoporre un allievo promosso pilota allo stesso rito di iniziazione. Ci chiedevamo dunque se non fosse che la Schiff stesse cercando di giocarsi la carta della violenza contro le donne, in questo caso inesistente, per rivalsa verso la scuola che alla fine l’ha esclusa per non idoneità o magari per aprirsi una sfolgorante carriera nel ricco mondo dell’antiviolenza di professione e del femminismo vittimista e rivendicativo. Proprio quello di cui, per altro, “AlleyOop” del Sole24Ore è portavoce. L’articolessa lamentosa scritta da tale Silvia Pasqualotto ci viene segnalata da vari lettori. Certi che non verremmo mai pubblicati, lasciamo allora un laconico commento sotto l’articolo che, a memoria, suonava tipo: “basta con queste mistificazioni”, seguito dal link al nostro articolo. Ovviamente il commento non viene pubblicato (ci mancherebbe), però la signora Monica della redazione di AlleyOop ritiene opportuno scriverci in privato, alla mail del sito.
Ecco il suo messaggio: «Buonasera, la ringraziamo per la segnalazione del video del Corriere Veneto. Faremo le dovute ricerche e approfondiremo. Nel vostro ci sembra manchi il fondamentale video dell’atto di nonnismo contro Giulia, che è molto diverso da quello a cui Giulia ha partecipato e metterli a confronto avrebbe fatto capire la differenza. Nel video Giulia non sembra vittima di un gioco, tanto che cerca di ripararsi le natiche, si divincola e vuole essere lasciata giù. Quindi non si tratta di un ripensamento postumo, per la denuncia. Ha reagito subito opponendosi. Cordiali saluti. Monica». Pur avendo dei dubbi sul fatto che “AlleyOop” davvero approfondirà, vale la pena fare qualche riflessione su questa risposta. A partire dal fatto che l’omissione del video dei presunti maltrattamenti alla Schiff da parte nostra non è stata dettata, ovviamente, da una qualche volontà censoria, bensì dalla presa d’atto che quei frame sono circolati a reti unificate, dal Corriere della Sera fino a YouTube, passando per “Chi l’ha visto”. Abbiamo presunto che fosse ampiamente conosciuto, visto com’è stato spinto su tutti i media disponibili. Per il motivo opposto il video del Corriere del Veneto è invece rimasto pressoché relegato per l’appunto al Corriere del Veneto. Ad ogni buon conto, visto che ci viene blandamente rimproverata l’omissione, ecco di seguito i due video, il primo è quello con la Schiff “vittima” e il secondo quello con la Schiff “carnefice”:
Una mera questione di punti di vista?
Visto che la signora Monica di Alley Oop ci tiene molto a fare l’esegesi comparativa dei video, facciamola. Ma facciamola bene, però. A partire dal fatto che il video commentato da Silvia Pasqualotto sul Sole24Ore, nonché il più diffuso, è quello trasmesso da “Chi l’ha visto”, che ha astutamente tagliato la parte finale, quella del dopo-tuffo nella “piscina del pinguino”. Il video che abbiamo postato qua sopra invece è quello del Corriere della Sera, ed è completo. Si vede alla fine l’allieva Schiff baciare la statua del pinguino, come da rito, per poi venire complimentata e abbracciata da tutti. Accade sempre così quando si supera un’iniziazione. Lei piange, è vero. Presumibilmente non per le lesioni ricevute, essendo le botte date alla leggera e per le quali infatti non esistono referti, bensì per la commozione di aver terminato un percorso importante. È la stessa commozione di molti che si laureano. Tuttavia sono fioccati servizi televisivi che commentano quella parte finale in modo schifosamente strumentale, del tipo: «la consolano e la complimentano per discolparsi». Nient’affatto. La abbracciano, le danno buffetti, si congratulano, applaudono con sincera partecipazione, perché così funziona, praticamente da sempre, per chi viene promosso da allievo a pilota. A prescindere da tutto, a partire dal sesso del soggetto in questione.
Il contro-video è più breve, ma è piuttosto chiaro. Giulia sferra allegramente sferzate al deretano dell’allievo promosso che, è vero, non si divincola, non strilla, non supplica di smettere. Forse perché sa che non c’è modo di fermare il rito, non c’è ragione per farlo, trattandosi di una goliardata. Forse la Schiff si divincolava perché sperava “inquantodonna” di esserne esentata. Ma in ambito militare vige la parità, si è tutti uguali, non a caso si veste un’uniforme. In ogni caso nel video lei è nel plotone di iniziazione e frusta senza il minimo problema le chiappe del ragazzo appena promosso. Quella messa in scena, lo sanno tutti (anche Samanta Cristoforetti, per dire), è una cerimonia goliardica fintamente violenta: come in ogni rito di iniziazione, la violenza è simulata, solamente accennata, come quando Giulia viene simbolicamente sbattuta contro l’ala dell’aereo. Una mera questione di punti di vista? No, pura oggettività. Se veramente il plototoncino iniziatico avesse voluto usare violenza, l’allieva oggi non avrebbe più un dente in bocca, dovrebbe fare la rinoplastica e farsi ridurre le fratture occipitali.
Non è un caso che, dopo il reintegro, sia poi stata espulsa.
C’è poi la questione dei tempi, che è abbastanza dirimente. La Schiff ha partecipato al plotone dell’iniziazione prima o dopo essere stata iniziata lei stessa? È solo un dettaglio, ma aiuterebbe a fare chiarezza. Possibile che, dopo aver subito l’orribile e violentissima iniziazione, talmente traumatica da spingerla a presentare querela, lei stessa successivamente si presti nel ruolo di carnefice? Non sta in piedi, è evidente a chiunque guardi la questione con oggettività. D’altro canto è impossibile, perché fuori dalla prassi di quel tipo di iniziazioni, che la Schiff venisse ammessa, da allieva, al plotone dei “nonni” incaricato di battezzare i neo-piloti. Supponendo che, per qualche motivo, avessero fatto eccezione per lei, vorrebbe dire che già sapeva perfettamente in cosa consistesse il rito di benvenuto, proprio per averlo attuato in prima persona. Una conoscenza che, in ogni caso, ha chiunque frequenti la scuola di aeronautica, sia perché i riti d’iniziazione sono pubblici, sia perché il loro racconto è tramandato tra gli allievi. Chi entra in quella scuola sa che il suo obiettivo è ricevere il rude “battesimo del volo”, come chi si iscrive all’Università di Padova sa che, il giorno della laurea, dovrà farne e subirne di tutti i colori, uomo o donna che sia.
Insomma, stiamo scherzando, o vogliamo veramente credere che la cerimonia del pinguino sia da querela? Allora come mai, visto che si tratta di una consuetudine consolidata negli anni da molto prima che la Schiff entrasse in aeronautica, nessuno prima ha portato i commilitoni in tribunale? Ogni rito iniziatico (non solo militare ma anche tribale, massonico e persino mafioso) comporta una componente blandamente violenta. Saviano ed altri prima di lui li hanno descritti: capomafia e picciotto si tagliano i palmi delle mani e se le stringono “mischiando il sangue”, oppure al nuovo affiliato viene fatto un taglietto sul dito e versa delle gocce del proprio sangue su un santino che poi viene bruciato mentre si pronunciano le frasi di rito. Ce lo vedono ad “AlleyOop” un neocamorrista che denuncia per lesioni il capobastone, perché si sente vittima di violenza? Probabilmente sì: dipende, diranno loro in redazione, da come il “picciotto” ha percepito gli atti dell’iniziazione. Perché, si sa, è parte dei meccanismi ideologici del femminismo anteporre la percezione individuale ai fatti oggettivi. Se quei sei nerboruti piloti avessero voluto accanirsi con violenza sulla Schiff “inquantodonna”, oggi di lei rimarrebbero poche tracce, e questo è un fatto oggettivo. Che si sia trattato di un rito “troppo duro”, è una valutazione soggettiva della Schiff e di chi le va dietro per dogmatismo ideologico. A conti fatti, in assenza di lesioni certificate e in presenza di centinaia di piloti e “pilotesse” che hanno superato l’iniziazione con gioia e senza tante storie, quella percezione soggettiva è e rimane un problema suo, non dell’aeronautica né di qualche tribunale e tanto meno dell’opinione pubblica. Che sa, salvo un’enclave di fanatiche e ossessionate dal vittimismo, quale sia il problema centrale: non era solo l’iniziazione ad essere troppo dura per la Schiff, ma l’intera vita militare. Non è un caso che, dopo il reintegro, sia poi stata espulsa.