“A cosa serve il Ministero delle Pari Opportunità?”, chiede, con un po’ di malizia, una deputato nel Parlamento spagnolo. Risposta di Irene Montero, Ministro delle Pari Opportunità: “serve affinché tutti gli spagnoli, e in special modo le donne, capiscano che coloro che pensano che la violenza non ha genere [=sesso], sono al di fuori della legge”. Vietato pensare diversamente, ciò che una volta veniva chiamato totalitarismo. E continua, “grazie al femminismo e a molte donne che hanno speso la faccia e il corpo, e molte volte la vita per il femminismo, oggi le donne abbiamo il diritto ad aprire un conto corrente o a divorziare”.
Non è la prima a richiamare alla memoria le vite di donne spese e sacrificate per la causa femminista, e non sarà l’ultima… Per favore, possiamo avere l’elenco? Dopo due secoli di lotta e centinaia di battaglie combattute, da tutti i libri di storiografia femminista che ho letto, e sono diversi, mi risulta un’unica (e celebrata) vittima, la suffragista Emily Davison, morta in un incidente nel 1913. Fu colpita da un cavallo in corsa, mentre cercava di attaccare la bandiera del movimento alle briglie del cavallo. La sua morte, in una versione molto, molto libera sui fatti accaduti, ha meritato persino un film: Suffragette, film del 2015, interpretato da Meryl Streep.
Irene Montero rappresenta molto bene lo spirito della quarta, o quinta, ondata del femminismo. Non è stata una scelta peregrina. Avrei potuto scegliere un esemplare patrio, tipo Laura Boldrini, ma ho preferito Irene Montero per due motivi. Primo, perché volevo dare una mano a un assiduo commentatore di questo sito, che firma sotto il nome di Sandro Desantis. Desantis, che non conosco, si prodiga spesso, senza particolare successo, a ricordare gli altri commentatori che il fenomeno deleterio del femminismo non è un fenomeno esclusivamente italiano, né la situazione italiana è la peggiore del mondo. L’idiozia e i virus ideologici sono patrimonio dell’umanità. Il femminismo è un fenomeno globale, la sua virulenza colpisce a corrente alterna, a seconda dell’ambito interessato e della zona geografica.
Per questo motivo, ad esempio, in Nuova Zelanda una madre può uccidere suo figlio sotto i dieci anni per una pena irrisoria appellandosi alla depressione post-partum, in Italia “ancora” no, o in Spagna una donna che si separa, con una semplice denuncia di violenza di genere, senza prove, può attivare un protocollo che prevede l’immediato arresto preventivo del marito (48 ore in carcere se fatto di venerdì), l’ordine preventivo di allontanamento (dalla propria dimora e dai figli), l’affidamento esclusivo dei figli alla madre e la cessione di tutto il procedimento di separazione a Tribunali speciali di Violenza di Genere, dove le donne entrano sempre come accusa e gli uomini come imputati, in Italia “ancora” no.
Oltre a questo carattere sopranazionale, Irene Montero impersona meglio di Laura Boldrini la natura, i tratti e le caratteristiche delle nuove leve femministe, quelle che per strada cantano “lo stupratore sei tu”. Irene Montero è una politica spagnola, membro della direzione di Unidas Podemos (ex comunisti), partito che forma parte dell’attuale coalizione di governo in Spagna assieme ai socialisti. Diventa Ministro delle Pari Opportunità a soli 31 anni. Prima di entrare in politica, la sua esperienza lavorativa si riduceva a qualche mese a fare la cassiera in un supermercato. Il segreto della sua carriera fulminante è un segreto di Pulcinella, che tutti sanno ma nessuno dice: è la partner sentimentale del leader di Podemos e attuale vicepresidente del governo, Pablo Iglesias (conosciuto anche come “maschio alfa”, per la folgorante carriera che fa fare alle sue compagne sentimentali quando sono con lui).
Questi avanzamenti di carriera, in perfetta contraddizione con lo spirito femminista, non scomodano affatto le giovani femministe, più preoccupate dal profilo di Facebook, il commento su Twitter, il numero di dislike e il conto bancario. Con un linguaggio ordinario, un elettroencefalogramma piatto a livello intellettuale e una dozzina di banalità femministe imparate a scuola, Irene Montero si sintonizza perfettamente con le giovanissime vittime dell’eteronormativopatriarcato capitalista spagnolo. Se alle femministe delle ondate precedenti potevano essere addebitata parzialità, talvolta scandalosa, e disonestà intellettuale, a queste nuove e giovanissime leve, vittime di un martellante indottrinamento scolastico e cresciute al ritmo de “lo stupratore sei tu”, è inutile addebitare qualcosa, perché non sanno cosa sia né l’onesta né l’intelletto.
Tra le numerose e incontestabili realizzazioni di Irene dal trono del Ministero delle Pari Opportunità – in realtà, come lei stessa ha ammesso, dal “Ministero di tutte le donne” – si possono vantare: la promozione del femminismo come materia di studio nelle scuole; l’imposizione del linguaggio sempre al femminile nei discorsi pubblici del Ministero e del partito (tanto è vero che il partito cambiò nome da Unidos podemos a Unidas podemos, mica male per un partito che viene votato prevalentemente da uomini); la promulgazione di una legge (Ley trans) che riconosca “l’autodeterminazione di genere”, che permetta il cambio di sesso nella carta d’identità mediante la semplice dichiarazione del sesso percepito, senza parere medico né cure ormonali, anche ai minori, senza il consenso dei genitori; l’assegnazione di fondi a studi controversi, in un periodo nel quale si muore di Covid, ad esempio per studiare le persone che non si sentono né donne né uomini.
Non basta? E allora aggiungiamo l’esclusione dei bambini e uomini disabili durante la Giornata internazionale delle persone con disabilità del 3 dicembre, poiché “il femminismo ha un debito storico con le donne e bambine disabili”; l’introduzione dello “sguardo lascivo” maschile nel computo delle violenze di genere (il Ministero non ha ancora chiarito se l’uso di occhiali scuri può essere un attenuante) e il rifiuto a parlare di denunce false perché è “letale” per le donne; la scelta di slogan discutibili nelle campagne pubbliche per combattere le aggressioni sessuali, del tipo “sola e ubriaca voglio arrivare a casa” (senza voler sminuire l’importanza del secondo suggerimento, ubriaca, fumata, fatta o drogata che sia, è da notare il secondo: “sola”, senza compagnia, un invito all’individualismo e all’assenza di relazioni sociali e, soprattutto, voglio pensare male, un inno all’assenza dell’essere tossico, il “maschio”, e al fallimento del rapporto di coppia). Insomma, vittimismo e misandria che rasentano la follia.
Concludo con un ultimo interevento di Irene Montero in risposta a un’altra deputato che contestava l’operato del Ministero: “Cos’è per Lei essere donna? Per una persona femminista, essere donna significa più rischio di povertà , più rischio di esclusione sociale , più rischio di essere pagata meno per lo stesso lavoro ; più rischio ad assumere tutte le cure ; più rischio a non poter sviluppare pienamente i propri progetti vitali perché devono dedicarsi ad altri compiti che purtroppo rifiutano di fare gli uomini, a pari condizioni”.
La risposta è significativa, non solo perché la definizione di donna non corrisponde all’attuale realtà nelle società occidentali, né perché è facilmente intuibile una risposta capovolta che definisca l’uomo (più rischio di povertà estrema, più rischio di essere ucciso, più rischio di suicidarsi, più rischio di morire in un conflitto armato, più rischio di essere allontanato dai propri figli…). È significativa soprattutto perché, in difesa di un Ministero delle Pari Opportunità che si dovrebbe occupare di tutti e a nome di un’ideologia che dice di cercare il bene di donne e uomini, per questa “persona femminista” l’universo maschile e la sua sofferenza non esistono. In linea con il pensiero e la storiografia femminista: l’universo maschile e la sua sofferenza non sono mai esistiti né durante la prima ondata, né durante la seconda, né durante la terza né nelle successive a venire. Questo significa essere “una persona femminista”, una persona che disconosce il concetto di essere umano. Per “una persona femminista” esiste solo il concetto donna, così come per i nazisti esisteva solo il concetto ariano, per i suprematisti il concetto bianco o per i talebani il concetto musulmano. Sono ideologie pericolose perché spezzano il concetto di umanità. Dubito però che Irene Montero possa capirlo.