Una storia dell’orrore a Torino, ne stanno parlando tutti. La versione diramata da tutti i media è quella di un padre che organizza una vera e propria persecuzione, con tanto di aggressioni fisiche, contro il figlio omosessuale, proprio in ragione della sua omosessualità. Ieri abbiamo trascorso molto tempo cercando di verificare i caratteri propri di questa vicenda, insospettiti dalla modalità “petalosa” con cui tutti i media mainstream la raccontavano. Una tale omologazione nei toni e nelle espressioni da far pensare a un copia-incolla da qualche comunicato stampa di qualche associazione GLBT. I nostri sospetti nascono da pregiudizi? Sicuramente sì. quello appena trascorso è stato un semestre punteggiato da un profluvio di notizie di atti omofobi che poi omofobi sono risultati non essere per nulla. Fake news preparate e strumentalizzate a bella posta per preparare il terreno del consenso popolare all’approvazione del DDL Zan, poi avvenuta alla Camera dei Deputati e ora in attesa di esame al Senato. Per gli smemorati: il DDL Zan è quella legge che introdurrebbe i reati di “omotranslesbofobia”, “misoginia” e “abilismo”, andando a integrare la già controversa Legge Mancino. Una legge che fa scivolare nell’ordinamento reati indescritti e indescrivibili, rimessi alla percezione individuale e all’arbitrarietà del giudice, con tutte le preoccupazioni che ciò suscita rispetto all’esercizio della libertà di parola. Non meno importante, il DDL Zan stabilisce una prebenda iniziale di 4 milioni di euro annui per le associazioni GLBT e il loro ingresso trionfale nelle scuole di ogni ordine e grado.
È proprio per questi pregressi che abbiamo accolto con scetticismo la notizia del padre omofobo di Torino. Dubbi alimentati anche dall’unico articolo nel panorama nazionale a dare dettagli ulteriori rispetto al narrato uniforme generale. Il riferimento è a questo pezzo firmato da Massimo Nerozzi e apparso sul Corriere della Sera (sezione Torino). Oltre a dare qualche coordinata reale in più (il nome del giudice e del PM), sembra chiarire un punto che altrove risulta oscuro o poco credibile. Ovunque si legge di questo padre che inizialmente accetta l’omosessualità del figlio per poi, di punto in bianco, impazzire, perdere il controllo e cominciare a diffamarlo e perseguitarlo, per il solo fatto di averlo visto in foto su un rotocalco in atteggiamenti intimi con un attore famoso. Un po’ poco per trasformarsi da genitore che accetta l’omosessualità a mostro che paga uno scagnozzo per spezzare le mani al figlio e rovinargli la carriera di chirurgo. Ebbene, scrive Nerozzi sul Corriere: “Se la detonazione è il divorzio, di certo la miccia sono (anche) i rapporti tra il figlio e il padre”. Un dettaglio che, se confermato, cambierebbe lo scenario: la perdita del controllo dell’uomo sarebbe da ascrivere alla richiesta di divorzio della moglie. Da lì parrebbe diventare aggressivo verso l’ex consorte e il figlio, probabilmente quest’ultimo “alleatosi” con la madre. Ciò nulla toglierebbe alla colpevolezza dell’uomo, ma sarebbe chiaro che il suo astio aveva come movente la gestione del conflitto con i suoi due congiunti e non l’omosessualità del figlio. Se “la detonazione” fosse davvero la separazione, probabilmente avrebbe tormentato il giovane chirurgo in ogni caso, anche se eterosessuale. Abbiamo provato a contattare il giornalista Nerozzi per avere chiarimenti su questo aspetto, ma purtroppo non ci ha risposto.
Chi si somiglia, si piglia. E cerca di arraffare tutto.
In mancanza di chiarimenti, non resta dunque che classificare questo orrido fattaccio come un vero e proprio caso di omofobia. Su cui tutti i sostenitori dell’ideologia queer, nelle associazioni, nella politica e nei media, si sono gettati a pesce, naturalmente, strumentalizzandolo in modo tanto spudorato quanto stupido. Il fatto, secondo loro, dimostra la sussitenza di una cultura omofoba in Italia e renderebbe impellente l’approvazione del DDL Zan. Come sempre, da un singolo caso si ingenera una responsabilità collettiva, con un passaggio logico privo di senso. Perché i dati di fatto restano tre, e tutti confermano quanto sosteniamo da sempre. Anzitutto la vicenda di Torino al momento rappresenta il primo e unico caso di grave reato di violenza di natura omofoba in Italia da inizio anno. Tolte di mezzo le fake news di cui abbiamo parlato, restano micro-aggressioni, usualmente verbali e comunque rare, più un certo numero di famiglie che accolgono male la notizia dell’omosessualità dei figli, senza però mai arrivare alla violenza. In altre parole l’Italia si conferma uno dei paesi più gay-friendly al mondo, e l’isolato caso di Torino lo conferma. In secondo luogo il padre violento è stato condannato, pure con severità, al netto del patteggiamento. Dire che la violenza omofoba in Italia non viene sanzionata significa dunque dire il falso, esattamente come sostenere che ci sia bisogno di una legge come il DDL Zan. E si viene così a terzo punto, diverso dagli altri due per natura ma non meno importante: i branchi di sciacalli che cavalcano un fatto del 2017 per interessi di lobby, politici, elettorali ed economici sono il vero problema della comunità, e in particolare della comunità gay.
Per molti queste pagine sono veicolo di omofobia. Il tutto nonostante ci siano due persone dichiaratamente omosessuali tra gli autori e sebbene nei nostri podcast dedicati alla maschilità abbiamo detto a chiare lettere che gli omosessuali (uomini) sono gli unici esseri in terra toccati da una “grazia” speciale: quella di saper amare gli uomini per ciò che sono. Una caratteristica negata alle donne, ad esempio, che tendenzialmente amano gli uomini per ciò che fanno o per ciò che possiedono. Il fatto è che noi, compresi i due gay della “redazione”, non odiamo né abbiamo paura degli omosessuali, però combattiamo a viso aperto l’ideologia queer o gender, che dir si voglia, e le sue propaggini tentacolari nella società, ovvero le lobby GLBT, i politici e i media che vi si asserviscono e similari. In sostanza gli sciacalli di cui sopra. Che sono cosa diversa, diremmo quasi antitetica all’omosessualità. Come racconta bene Douglas Murray nel suo “La pazzia delle folle” (che consigliamo vivamente), si tratta di un movimento che ha trasformato una questione intima e naturale come l’orientamento sessuale in un principio ideologico militante e mobilitante da utilizzare come clava dal lato politico ed economico, con ciò rendendolo elemento distintivo e discriminante proprio nel momento in cui il sacrosanto processo di normalizzazione dell’omosessualità stava per giungere a compimento. La domanda dunque è: siamo omofobi noi che miriamo a una situazione dove l’orientamento sessuale di una persona sia un elemento talmente normalizzato da risultare irrilevante per gli scopi di cooperazione comunitaria? Non lo sono forse quelli che ad ogni occasione rimarcano differenze e distinzioni, dando dell’omosessuale-tipo una rappresentazione da figurina eccentrica (che lo scrittore americano e omosessuale Bret Easton Ellis ha efficacemente battezzato “elfo magico”) perennemente vittima di terribili angherie, cosa di fatto vera in Iran o in Arabia Saudita, in sicuramente Italia no? È che il vittimismo paga e pure molto. Anche così si spiega la (temporanea) alleanza di ferro con le femministe. Chi si somiglia, si piglia. E cerca di arraffare tutto.