Emilio Vincioni è un nome noto a chi si occupa di separazioni conflittuali, sottrazioni internazionali di minore, negazione dei diritti di adulti e minori. Ha raccontato più volte il suo calvario: la moglie va in Grecia per partorire ma non fa più ritorno. Non è chiaro se fosse una decisione già presa prima di partire dall’Italia e tenuta nascosta al marito, oppure un’idea maturata dopo aver partorito in Grecia presso la propria famiglia d’origine. Le vicissitudini successive sono descritte in diversi articoli e video in rete, e sostanzialmente raccontano una lacerante altalena tra illusioni e disillusioni.
L’illusione di veder tornare moglie e figlia come garantito dalla moglie stessa – anche per iscritto – alle autorità italiane, e la disillusione per le menzogne e le manovre ostili tendenti ad escluderlo dal percorso di crescita della bambina. L’illusione di poter ottenere giustizia dai tribunali italiani, e la disillusione di vederli dichiarare incompetenti perché la bambina è nata in Grecia. L’illusione di ottenere giustizia dai tribunali greci, e la disillusione nel vedere come abbiano fatto quadrato attorno alla propria cittadina. L’illusione di poter avere la figlia in Italia almeno per le vacanze, e la disillusione di non poterla far uscire dal Paese nel quale la madre l’ha fatta nascere con l’inganno. L’illusione di poter incontrare liberamente la figlia almeno in Grecia e la disillusione di vedersi ammanettare quando è andato a trovarla per il compleanno. L’illusione che almeno la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo potesse riconoscere l’inerzia dell’Italia e la violazione dei diritti di adulti e bambini, e la disillusione di vedersi rispondere “va bene così”. Ecco, sui rottami di quest’ultima illusione si infrangono le residue speranze di Emilio di poter ancora credere nella giustizia. È deluso come uomo, come padre e come onesto cittadino che sperava di ottenere uno straccio di tutela dal suo Paese o almeno dalla Corte Europea. Sulla questione abbiamo sentito anche Irene M. Gonnelli, avvocato di Emilio Vincioni:
L’Italia sembra felice di lavarsene le mani.
Singolare la posizione della CEDU, che potrebbe stravolgere molti equilibri e far vacillare molte certezze, ma soprattutto potrebbe entrare in conflitto con gli ordinamenti nazionali. Il principio affermato nel caso Vincioni sosterrebbe che lo Stato nel quale un minore nasce, anche occasionalmente, sarebbe l’unico competente a decidere in merito al minore stesso. Come la mettiamo con lo ius soli? Diverso dallo ius sanguinis (diritto genetico, è italiano il figlio nato da almeno un genitore italiano), lo ius soli (diritto territoriale, legato al luogo in cui la madre partorisce) renderebbe italiano ogni bambino nato in Italia, a prescindere dalla nazionalità dei genitori. È un’ipotesi ampiamente dibattuta da anni, ha molti fautori ed altrettanti oppositori ma la CEDU scavalca di slancio sia gli uni che gli altri. Esempio pratico: una profuga siriana arriva a Lampedusa con i viaggi della speranza, considera l’Italia un mero Paese di transito in quanto ha l’obiettivo di ricongiungesi col marito in Germania. Però è incinta e partorisce mentre è in un CARA siciliano in attesa della quarantena e delle pastoie burocratiche necessarie al ricongiungimento. Lo stato Italiano che competenze ha sul neonato? Può stabilire il divieto di lasciare il territorio nazionale? Può stabilire l’allontanamento dalla madre, lo stato di abbandono, il collocamento in casa famiglia, lo stato di adottabilità? Ma soprattutto, può decidere inaudita altera parte quindi senza considerare la volontà dei genitori ?
Quello dei migranti è solo un esempio, anche se numericamente molto significativo; l’avvocato Gonnelli cita anche la donna straniera che partorisce mentre è in vacanza in Italia. La stortura delle dinamiche attivate dalla Grecia ed avallate da Strasburgo risulta ancor più evidente con degli esempi-limite, come una donna incinta che partorisca in Grecia contro la sua volontà perché si trova su un aereo in volo da Londra a Dubai, ma fa scalo ad Atene proprio per consentire le cure alla donna che accusa un improvviso travaglio. O una donna incinta su una nave da crociera in avaria che sosta al Pireo, oppure impossibilitata a tornare in patria a causa delle limitazioni per la pandemia… In tali casi la competenza greca verrebbe rivendicata nei confronti del neonato di una coppia britannica, francese, spagnola o altro? È lecito chiedersi se la posizione delle autorità greche non scaturisca più dalla nazionalità della madre che della figlia. Nel caso Vincioni infatti sembra prevalere la volontà della madre, non il diritto della minore. Volontà paterna ignorata da Roma, volontà materna accolta e supportata da Atene e Strasburgo. La madre desidera che la competenza sulla figlia sia esclusiva delle autorità greche, e tutti si adeguano nonostante lo ius soli non sia riconosciuto dai Paesi dell’area UE. L’Italia sembra felice di lavarsene le mani, rinuncia a decidere e lascia la patata bollente alla Grecia che si arroga il diritto di deliberare in merito alla “sua” cittadina.
Quando c’è da riscuotere gabelle l’Italia si riscopre competente.
Strumentale anche la motivazione del rigetto riferita all’iter giudiziario. L’art. 8 della Convenzione è abbondantemente violato, le relazioni padre-figlia sono già largamente compromesse a prescindere dal fatto che vengano percorsi o meno tutti i gradi di giudizio. Il diritto alle relazioni familiari è già compromesso, come è stato riconosciuto in precedenti sentenze CEDU contro l’Italia e non solo. Il Diritto e la Diplomazia italiana non brillano per autorevolezza, c’è una sudditanza conclamata non solo nei confronti degli Stati Uniti (funivia del Cermis, Chico Forti) ma anche dei Paesi mediterranei (Giulio Regeni, Patrick Zaki). Non siamo capaci di imporci nemmeno di fronte ai cittadini italiani uccisi o detenuti, casi che hanno considerevoli eco mediatiche; figuriamoci quale sia la voglia della Farnesina di impegnarsi concretamente per garantire i rapporti tra una bambina ed il suo papà. Duole constatare che una bambina britannica, tedesca o statunitense ha diritti superiori ad una bambina italiana. Ma Emilio Vincioni paga le tasse in Italia, e le paga anche per la figlia che in Italia non ha mai messo piede. Quando c’è da riscuotere gabelle l’Italia si riscopre competente per chiedere denaro alla “sua” cittadina, la competenza sparisce solo al momento di difenderne i diritti.