Riceviamo e pubblichiamo volentieri il seguente Comunicato Stampa.
C’è un racconto distorto su una tematica drammatica e dolorosa come lo è l’abuso sui minori, la violenza sessuale e relazionale, da parte di coloro che urlano a gran voce il loro essere unici portatori della risoluzione. Dal punto di vista deontologico il vizio di forma che l’organismo di formazione denominato CISMAI porta in essere è proprio la dicotomia nel porsi come unici esperti sull’abuso, detenendo le conoscenze e metodologie per intercettarlo, certificarlo anche laddove non espresso dalla vittima e fornirne la terapizzazione e risoluzione. Tale loro assioma confligge con la controparte estremamente remunerativa che ne consegue. È naturale che l’essere umano adulto voglia adoperarsi con tutte le sue forze nello smantellamento di tale abominio, è un grido di allarme ancestrale quello che si scatena, ma è altrettanto vero che se di quel naturale panico ed esigenza ne fai un business, inevitabilmente ti ritrovi a cercare quel male anche dove non c’è, dove nessuno degli interessati ne palesa alcun dato di realtà.
Ed qui che nasce la distorsione nel metodo CISMAI (ente privato di formazione che secreta i propri introiti avendo la forma giuridica di Onlus), nella ricerca spasmodica dell’abusatore e della sua vittima arrivando alla costruzione di teorie e metodologie di rilevazione disconosciute dalla comunità scientifica internazionale e anzi additate come gravemente distortive e manipolanti. Più di una volta abbiamo visto situazioni di grave maltrattamento psicologico messo in atto non dai genitori ma dai terapeuti formati alla scuola CISMAI o Hansel e Gretel, dove i bambini venivano sottoposti a stress emotivo forzato, perpetrato ed inscenato da parte dei terapeuti con sedute estenuanti nei tempi ed emotivamente destabilizzanti nell’applicazione (come la raffigurazione teatrale del mostro abusante). Questo metodo di agire su di una tematica così grave riteniamo sia non solo non adeguato tecnicamente, ma anche gravemente lesivo sia per la psiche che per la crescita del minore, che per la tenuta psicologica dei genitori, i quali più di una volta sono stati portati a gesti estremi come il suicidio (anche di interi nuclei familiari).
Volendo accantonare la parte tecnica, seppur fondamentale, non si può fare a meno di citare le leggi internazionali vigenti che rappresentano un caposaldo imprescindibile e che vengono distorte da enti come questo, a partire dalla più recente legge messa in atto dal CSM (Consiglio Superiore della Magistratura), la quale vieta qualsiasi collimanza o sospetto di tale atto di concussione da parte di chi si occupa in fase valutativa e giudiziaria in ambito minorile con enti o strutture di accoglienza quali case famiglia o comunità. Questo per evitare un bagarinaggio o interesse economico sulla pelle dei minori. Oltretutto ogni tipo di loro intervento finalizzato alla tutela del minore contravviene in toto a ciò che è stato stabilito dall’assemblea ricostituente 2079 del 2015 la quale cita agli articoli 3 e 4 quanto segue: “L’Assemblea tiene a ricordare che il rispetto della vita famigliare è un diritto fondamentale consacrato dall’articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (STE no 5) e da numerosi strumenti giuridici internazionali. Lo stare insieme costituisce un elemento essenziale della vita famigliare per un genitore e il proprio figlio. La separazione tra un genitore e il figlio ha effetti irrimediabili sulla loro relazione. Solo circostanze eccezionali e particolarmente gravi dovrebbero contro l’interesse del bambino dovrebbero poter giustificare una separazione, stabilita da un giudice”.
Ancora: “L’Assemblea è dunque convinta che lo sviluppo della corresponsabilità parentale contribuisca a liberarsi dagli stereotipi di genere che riguardano i ruoli assegnati alla donna e all’uomo in seno alla famiglia, e non fa che riflettere l’ evoluzione sociologica rilevata negli ultimi 50 anni in materia di organizzazione della sfera privata e famigliare”. È basandosi su questi dati che è da ritenersi del tutto inadeguato che su una tematica simile le istituzioni facciano come unico riferimento formativo per gli addetti al lavoro specifico e per gli operatori che gestiscono minori (docenti scolastici e dell’infanzia) a un ente come CISMAI, attribuendogli un potere e un dominio assoluto, pericoloso per via della possibilità di creare una rete di collusioni estremamente pericolosa e a senso unico come indirizzo. Va ribadito: le leggi di base in merito parlano molto chiaro e partono tutte dal sottolineare l’importanza del nucleo familiare per la sana crescita di un minore e, laddove questo nucleo sia carente, è compito dello Stato lavorare per creare sostegno in modo tale da ripristinare un senso di serenità emotiva al minore in ambito famigliare.
Solo, e si sottolinea solo, laddove si siano abusi reali e certificati (e non basati su supposizioni teoriche) il bambino deve essere protetto senza però mai recidere i legami affettivi ed emotivi. Si punisce chi abusa in termini decisi dalla legge e si sostiene e valorizza tutto il restante nucleo familiare (genitore e parenti) in modo tale che il minore non debba vivere un doppio trauma psicologico legato al tradimento causato dall’abusante e successivamente da quello di vedersi tagliare ogni punto di riferimento familiare. Non si toglie un passerotto dal nido rotto per metterlo in una gabbia: non imparerà mai a volare in questo modo e sarà per sempre imprigionato. Si cerca piuttosto di ripararne il nido insegnandogli la tecnica del volo. Solo così il bambino potrà diventare grande e volare in autonomia.
Erik Papi, consulente per la tutela minori per ANCoRe – Associazione nazionale cogenitorialità responsabile.