I fondatori hanno deciso, probabilmente non a caso, di annunciarlo ieri, Giornata Internazionale dell’Uomo: nasce il Partito Gay LGBT+. Se ne sentiva la mancanza, in effetti. E le ragioni della sua fondazione sono forti: “non possiamo più delegare le nostre istanze a terzi”, dice il fondatore Fabrizio Marrazzo. Forse le varie Cirinnà, Boldrini, Zan e compagnia bella non soddisfano più, chissà. Insomma che fin dalle prossime amministrative si avrà a che fare con questa nuova lista, che promette di essere solidale, ambientalista e liberale. Colpisce soprattutto l’ultimo termine della triade: “chiunque deve ambire a poter raggiungere i propri traguardi”, spiega Marrazzo, che deve avere le idee un po’ confuse se sintetizza in quello l’idea liberale. Poi c’è il piagnisteo, imparato bene dalle sorelle femministe: “la nostra comunità sarà tra quelle più colpite dalla crisi economica causata dal Covid”, dice, aggiungendo (con un’enorme dose di coraggio, va detto): “le istanze LGBT+ sono da troppo tempo inascoltate”.
Marrazzo, l’intestatario di questa nuova creatura politica, è un nome noto in ambito gay. È stato presidente dell’ArciGay di Roma per molti anni e, sentiti alcuni che in quel periodo, dieci anni fa, c’erano, pare non abbia lasciato un buon ricordo di sé. Specie il commiato da ArciGay pare sia stato molto sofferto, ne restano tracce qua e là in rete, a dimostrare che si trattò più che altro di un conflitto. Detronizzato dalla presidenza, invece di restare nell’associazione a dare il proprio contributo, Marrazzo optò per la scissione e fondò la creatura che ancora guida: Gay Help Line e Gay Center. Ricordiamo queste sigle per come cercarono di far passare la morte di Maria Paola Gaglione, la ragazza accidentalmente uccisa dal fratello a Napoli, come un omicidio omofobo, cogliendo l’occasione poi per farsi un po’ di pubblicità. Insomma un profilo discusso, qualcuno dice anche discutibile, quello di Marrazzo e delle sue “creature”, ma niente che precluda l’impegno politico, in un paese che ha avuto come parlamentari pornostar, mafiosi conclamati, corrotti incalliti e altro.
Un declino senza più limiti.
I veri problemi legati all’iniziativa in realtà sono due, uno puramente partitico e uno, molto più grave, di natura collettiva. Quanto al primo, è evidente che una lista del genere rappresenterebbe un mezzo dissanguamento per alcuni partiti esistenti, PD in primis, così come tutta la galassia della sinistra, che sul voto identitario LGBT, oltre che a quello femminista, ha sempre puntato molto. Zan e le sue iniziative, infatti, altro non sono che un pegno pagato alla lobby che ha sostenuto e sostiene il Partito Democratico, ed è probabile che la nascita del partito di Marrazzo stia irritando non poco la segreteria democratica. Dopo tanti sforzi, tante bufale diffuse a mezzo stampa, tante lotte furibonde delle e dei portavoce degli interessi queer, ora il mondo gay ringrazia proponendosi in modo autonomo nell’agone elettorale. Un vero tradimento che creerà non pochi grattacapi a Zingaretti e alla sua compagnia. Marrazzo dice di puntare al 15% (nientemeno) e nel caso saranno tutti consensi strappati all’area progressista, cui non resta che sperare che valga per il mondo omosessuale quello che è sempre valso per il mondo femminista: i partiti identitari di quel genere non vengono votati nemmeno da quelli che dicono di voler rappresentare.
Il secondo problema però è molto più grave. Ipotizziamo per un momento che quella iattura assoluta che è il DDL Zan passi anche al Senato e divenga legge dello Stato. Da quel momento in poi tutta la vaghezza dei suoi contenuti potrebbe abbattersi nel mondo della politica, con la presenza di un partito dichiaratamente LGBT+. Ci si potrebbero costruire scenette da sbellicarsi a immaginare i dibattiti politici tra gli esponenti del partito di Marrazzo e gli altri, tutti muti e trattenuti per timore di dire qualcosa di censurabile a norma di legge. Ma c’è davvero poco da ridere: si rischia concretamente di avere una legge campata in aria, che non descrive concretamente alcun reato (quindi qualunque cosa non piaccia alla presunta “vittima”), messa a proteggere una categoria specifica che poi si fa il proprio partito politico. Ogni critica potrebbe essere oggetto di querela, ogni rilievo potrebbe innescare un procedimento, capitasse per errore di dare del “lui” al candidato trans si rischierebbe la galera. In questo scenario tutti gli aspetti antiliberali del DDL Zan si sublimerebbero in un campo strategico, qual è quello politico, e si avrebbe la realizzazione piana e chiara di un regime. L’iniziativa di Marrazzo va quindi presa con estrema serietà e monitorata. E sarà il caso di cominciare a pensare a qualcosa di serio e concreto per fermare un declino che, astuzia dopo astuzia da parte di femministe e queer, sembra non avere più limiti.