Uno degli argomenti considerati più controversi dai nostri follower riguarda il nostro approccio verso il gender o, più correttamente, verso il movimento queer e ciò che lo circonda. Mentre non mancano persone disponibili a sbilanciarsi su posizioni apertamente antifemministe, ancora sussiste un grande timore nel prendere posizione contro la lobby LGBT e le sue attività. Vige un vero e proprio terrore di ricevere l’etichetta di “omofobo” o “transofobo” e questo induce i più a tacere o a respingere a priori prese di posizione che, come le nostre, si oppongono in modo netto alla deriva del gender. Non solo: più di un lettore ci ha scritto per segnalarci come gli articoli pubblicati finora sul tema del DDL Zan fossero efficaci dal lato filosofico e sociale, ma poco sul pezzo rispetto a un’analisi precisa e strutturale della proposta di legge in sé. Abituati a vederci fare l’autopsia delle norme per scoprirne le magagne, ci si chiede di addentrarci dentro la repellente proposta dell’onorevole Zan e di farla a pezzi dall’interno, per dare maggiore credibilità alla nostra battaglia. Vale la pena cogliere la sfida, approfittando anche di un prezioso lavoro fatto da altri.
Prima però, e in premessa, va specificato un parallelismo tra antifemminismo e anti-gender. Essere contro il femminismo non vuol dire essere contro le donne, così come essere antinazisti non vuol dire essere contro i tedeschi. L’equazione donna-femminista è una forzatura di comodo del femminismo stesso, e che sia priva di fondamento lo dimostrano le molte donne che rigettano in parte o in toto l’ideologia femminista. La stessa cosa di può dire per il versante gender: essere contro il movimento queer non vuol dire essere contro i gay, le lesbiche, i bisessuali, i trans, eccetera. L’equazione queer-mondo non eterosessuale è un’uguale forzatura di comodo, e anche in questo caso il gran numero di gay, lesbiche e trans che schifano i movimenti LGBT lo dimostra appieno. Posizionandosi contro l’ideologia queer non si intende promuovere la privazione o negazione a chi non è eterosessuale dei fondamentali diritti umani validi per ogni persona, tutt’altro. Ci si oppone soltanto a un’ideologia totalitaria, illiberale e vorace che, tramite un vittimismo catastrofista privo di fondamento, da tempo si è impossessata del presente e mira a ingoiarsi in un boccone l’intero futuro. Per noi presente e futuro dovrebbero essere tali che l’orientamento sessuale di una persona sia considerata cosa del tutto irrilevante rispetto al godimento di diritti, all’ottemperanza ai doveri e alla valutazione che della persona stessa si può fare. All’opposto, per l’ideologia queer i suoi adepti godono (devono godere) di uno status speciale conferito proprio dall’orientamento sessuale e da una presunta passata e presente oppressione, da risarcire con privilegi a danno di tutti gli altri.
Il DDL Zan si inserisce proprio su quest’ultima direttiva, cercando di equiparare le comunità non eterosessuali di riferimento a comunità davvero perseguitate nella storia per motivi razziali o religiosi. La tratta degli schiavi e la Shoah, per citare due casi di enorme gravità tra i tanti, danno una giustificazione che rende accettabile una norma come la Legge Mancino, che pure liberali assoluti come noi digeriscono a fatica. Le comunità che il DDL Zan vorrebbe tutelare non hanno un pregresso né tanto meno un presente del genere che legittimi il loro tentativo di associarsi alla Legge Mancino. Tanto meno con un DDL che, non definendo con precisione la fattispecie sanzionata, lascerebbe in mano ai magistrati la valutazione caso per caso. Il tutto organizzando parallelamente un indottrinamento miratissimo, che li indurrà ad applicare la legge in modo conforme a come questa è stata descritta: a protezione di alcuni, di chiunque, purché non si tratti di un uomo eterosessuale. Questo in risposta a chi ci contesta che la legge è generica, non si esprime esplicitamente per una minoranza specifica: ovvio, sarebbe anticostituzionale. Ma il contesto socio-culturale entro cui va ad applicarsi, e a cui anche i giudici appartengono, è e resta orientato. Si pensi al “codice rosso”: anch’esso vale per tutti sulla carta, ma nella narrazione comune è stato fatto “per le donne” e così viene applicato. Le modifiche al Codice Penale volute dal DDL Zan tutelano tutti sulla carta, ma è detto esplicitamente che è dedicato solo ad alcuni, e come tale verrà applicato.
Tutto questo potrebbe non bastare, ne siamo consci. Serve davvero andare “nella pancia” della legge, farne l’autopsia precisa, come ci è stato suggerito. Ebbene qualcuno ha fatto i lavoro per noi. Recuperiamo allora sul sito del senatore Lucio Malan (Forza Italia) un lavoro preziosissimo: diciassette slide che in modo preciso e analitico illustrano il DDL Zan, le sue storture mostruose e le sue conseguenze. E lo fa, questo è l’elemento che rende il tutto particolarmente prezioso, non limitandosi al testo della legge, ma andando a simulare quali modifiche essa apporterebbe nell’ordinamento e soprattutto reperendo i testi di riferimento da cui la legge prende spunto e di cui si nutre. Si tratta dei manuali deliranti prodotti dall’UNAAR, il coordinamento di associazioni LGBT che si è installato da anni presso la Presidenza del Consiglio, da dove detta le sue regole, in connessione con le folli centrali di potere sovranazionale dell’Unione Europea e dell’ONU. Un vero tumore lobbistico all’interno delle istituzioni che produce linee guida per imporre la sua neolingua orwelliana alla stampa e vere e proprie strategie di dominio da imporre a tutto il paese. L’importantissimo lavoro di collegamento tra queste fonti e il testo del DDL Zan ha prodotto le slide qui di seguito, che smontano pezzo per pezzo la proposta di legge come forse nessuno aveva fatto finora, mettendone in luce tutta la sua devastante pericolosità.
Fonte: https://www.luciomalan.it
Che si tratti di una proposta di legge a tutti gli effetti pericolosa per la tenuta sociale e la giustizia lo dimostrano ampiamente non solo i falsi casi di omofobia ripetutamente costruiti ad arte insieme ai media compiacenti, che hanno preceduto la discussione in aula per preparare un consenso diffuso nell’opinione pubblica, ma anche il fatto che i centri operativi della lobby queer attivi sul territorio stanno già scalpitando per applicarla a proprio piacimento, anche se non ancora approvata. Un esempio lampante viene da Messina, dove l’avvocato di un uomo, un padre separato, ha chiesto l’affidamento esclusivo della figlia di 10 anni adducendo la motivazione che la ex moglie si era “convertita” in lesbica e intratteneva una relazione con una donna, forse anche una convivenza. L’uomo, tramite il suo avvocato, ha fatto la sua richiesta ritenendo che tale situazione potesse risultare confusiva per una bambina di 10 anni. Per contrapporsi, l’ex moglie non si è impegnata a dimostrare di essere un buon genitore a prescindere dalle proprie relazioni private. L’ha fatta più semplice scatenando il presidente della sezione ArciGay a cui è iscritta, che è partito lancia in resta con comunicati stampa e la minaccia di azioni legali per “discriminazione”, il tutto menzionando il DDL Zan ancora in fase di approvazione.
Si tratta solo di un esempio, verissimo e non farlocco come i casi di omofobia sbandierati finora. Di prepotenze LGBT, ancor prima dell’entrata in vigore del DDL Zan, però, se ne trovano a bizzeffe. Come la pretesa delle associazioni gay di contestare una sentenza d’appello che a Genova ha giustamente negato la titolarità genitoriale a “due madri” (ché a un bambino va garantito il diritto a una famiglia, e una famiglia è composta da padre e madre, punto e stop). O ancora, ben più grave, le minacciose proteste ArciGay contro un parroco di Reggio Emilia, colpevole di applicare correttamente la dottrina della Chiesa e di esercitare la propria libertà di culto (ottenuta a costo di secoli di sanguinose repressioni), negando il madrinaggio a una lesbica per la cresima di una ragazzina. Le rabbiose reazioni delle organizzazioni queer, il loro scalpitare dal desiderio di mettere in atto la loro oppressione, mandano un messaggio chiaro: a DDL Zan vigente oggi avremmo un padre di Messina, il Sindaco di Genova e un parroco di Reggio Emilia tutti a processo per omofobia, con l’annesso rischio di finire in carcere per sei anni, semplicemente per aver espresso pareri, o rispettato la legge o seguito i dettami della propria religione. Come si vede, non è un fatto di omofobia che ci spinge a opporci al DDL Zan, ma la preoccupazione generale che esso, una volta vigente, renda legittimi invasioni di campo e veri e propri inquinamenti del vivere civile, oltre che dei procedimenti giudiziari, capaci di sovvertire totalmente ogni equilibrio e ogni meccanismo di giustizia sociale. Per questo riteniamo doveroso prendere posizione e giudicheremo complice e colpevole chiunque non faccia altrettanto.