La Fionda

Kamala Harris: lo spettro del femmi-genderismo sul mondo

Nel momento in cui scriviamo, Joe Biden è stato dichiarato nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America, ma soltanto dalla CNN e da altri media di massa. Gli stessi che, dall’altro lato, non lesinano disfattismo e informazioni deviate come quelle di un debole supporto repubblicano ai ricorsi di Donald Trump, quando non addirittura all’ipotesi di un divorzio imminente richiesto dalla splendida moglie Melania. Il messaggio che si vuole far passare è chiaro: essere sovranisti e non progressisti significa finire sconfitti e abbandonati da tutti. Mentre vuoi mettere le celebrazioni che ovunque si stanno facendo per lo “zio Joe” e la sua vice Kamala Harris, la-prima-donna-vice-presidente-degli-Stati-Uniti (da leggere tutto d’un fiato)? La situazione in realtà non è così definita come sembra e non lo sarà probabilmente per almeno un mese: la data limite per la dichiarazione ufficiale dell’esito delle selezioni è il 13 dicembre e Trump è determinato a sfruttare il tempo a disposizione per andare a fondo sulle moltissime zone d’ombra di queste paradossali elezioni “postali” avvenute nel paese maggiore “esportatore di democrazia”.

Spingendoci ai margini delle tematiche care a queste pagine, abbiamo tifato apertamente per Donald Trump, di contro considerando l’elezione alla Casa Bianca del ticket Biden-Harris una vera iattura. Sui social siamo stati molto criticati per questa presa di posizione che, nell’ottica di quello che potrebbe accadere oltreoceano nelle prossime settimane, va chiarita. Due dei punti centrali per chi anima questo sito, come facilmente desumibili dal “Manifesto” di fondazione, sono decisamente l’antifemminismo e l’anti-genderismo. Due fenomeni che consideriamo nella loro coniugazione un vero e proprio sarcoma delle società occidentali, una patologia distruttiva e degenerativa che si sta mangiando parte del presente e la totalità del futuro. Meno retoricamente, si tratta delle componenti di un regime ad aperto carattere totalitario che divide le comunità non più tra patrizi e plebei, tra nobili e popolani, tra capitalisti e proletari, come capitava in passato, ma tra maschi e femmine, come si faceva all’asilo, iscrivendo nell’elenco dei buoni le sole donne e gli appartenenti alla comunità queer e in quello dei cattivi i soli uomini (eterosessuali e possibilmente bianchi). Una logica delirante, devastante, priva di qualsivoglia giustificazione.

Donald Trump Joe Biden
Donald Trump e Joe Biden

Prepariamo le difese per ciò che verrà.

Sappiamo bene quanto sia inefficace, dato il suo largo uso, quella che viene detta “reductio ad hitlerum”, tuttavia la storia è maestra e non si può fare a meno di trarre da essa esempi e ispirazione. Per distruggere un altro sarcoma della società quale era il nazionalsocialismo tedesco, si allearono due tra le potenze più incompatibili presenti al mondo: USA e URSS. Insieme schiacciarono la serpe nazista, per poi tornare sulle proprie posizioni (e combattersi vicendevolmente). L’idea è: di fronte a pericoli colossali, il nemico del mio nemico non può che essere mio amico. Per questo motivo ci siamo spinti in passato ad applaudire le prese di posizione di Erdogan contro la “Convenzione di Istanbul”. Non ci sfugge la pericolosità del soggetto, per gli altri aspetti, ma se si può avere un alleato in più contro il femmi-genderismo, ben venga. Superata l’emergenza e polverizzato il nemico, ci opporremo agli aspetti del sultanesimo turco che riterremo più pericolosi. Con la stessa logica abbiamo auspicato una rielezione di Trump, personaggio che, nella sua stessa essenza, rappresenta il nemico numero uno del politicamente corretto e dunque anche del femmi-genderismo. Nessun altro presidente, se non lui, tra le altre cose, poteva promulgare la direttiva che tenta di spazzar via dalle università americane il veleno dei Social Justice Warrior e le discriminazioni misandriche all’interno delle amministrazioni pubbliche. Pur consapevoli delle sue molte mancanze (ad esempio nelle politiche ambientali o in quelle di difesa anti-covid), era chiaro che altri quattro anni di Trump sarebbero stati esiziali per il femminismo e il genderismo globale e in quest’ottica abbiamo auspicato e auspichiamo una rielezione dell’attuale presidente USA.

Allo stesso modo un’amministrazione Biden-Harris rappresenterebbe un disastro per chi cerca di ripristinare un minimo di normalità nelle relazioni e negli equilibri sociali. È già chiarissimo a tutti che Joe Biden non è nelle condizioni di gestire la presidenza del paese più potente del mondo, e che dunque la sua presenza sarà solo di facciata, mentre il resto sarà pilotato da forze che gli staranno alle spalle. Prima tra tutte, dopo il clan Obama-Clinton, quella di Kamala Harris, la vera presidente degli Stati Uniti, nel caso, per ora solo in pectore, poi ufficiale nel caso probabile che Biden dovesse cedere durante il mandato. In ogni caso ci si troverebbe con una femministissima e super-arcobaleno alla guida del mondo, una vera iattura, ben testimoniata della ampie forzature che già circolano sulla sua persona (viene detta la prima vice-presidente donna “afroamericana”, sebbene sia di origini giamaicane e asiatiche…). E dal fatto che si elevano canti di gloria per il suo possibile ruolo non perché sia preparata, competente e attenta ai bisogni del popolo, ma inquantodonnainquantoNONbianca. Un nonsense.

Si sorvola sul fatto che arriverebbe alla vicepresidenza non con le proprie forze, ma andando a traino di un uomo bianco ed eterosessuale (forse anche fin troppo eterosessuale…) e che non ha mai nascosto il proprio estremismo progressista, radicale, femminista e pro-gender. Non è un caso che il mondo queer abbia esultato tra i primi per la presunta vittoria democratica e la Harris stessa si sia subito esposta con una dichiarazione diretta alle donne, specie alle bambine: “la leadership inizia il giorno in cui siete nate”, a dichiarato. Sempre che, aggiungeremmo noi, Planned Parenthood, uno dei miei maggiori sponsor e potentissima corporate degli aborti, permetta a quelle bambinedi nascere… Con Trump alla Casa Bianca per altri quattro anni, è evidente, al di là dell’ipotesi di una mezza guerra civile negli USA, ci sarebbe un po’ di respiro, nella lotta al sarcoma femmi-genderista della società. Con Kamala Harris in veste ufficiosa o ufficiale alla presidenza, la patologia si radicherebbe e diffonderebbe ancora di più, rendendo ancora più difficile la sua rimozione. Di questo siamo profondamente certi, per cui auspichiamo che ci siano ancora margini per una conferma di Trump e nel contempo prepariamo le difese per ciò che verrà nel caso “Sleepy” Joe Biden venga davvero confermato presidente, con il record di essere il primo eletto per corrispondenza con un ampio consenso anche tra i defunti.



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