Al maestro vicentino denunciato dai genitori di una sua alunna di 10 anni é convenuto patteggiare di fronte al giudice. Era accusato di violenza sessuale ai danni di una minore e i suoi avvocati sono riusciti a contenere la pena in soli 11 mesi, strappando anche la sospensione condizionale. Adesso per l’insegnate, che ha 42 anni e che ha cercato di limitare i danni pagando un risarcimento alla famiglia della vittima, rimane l’esito del procedimento disciplinare che il provveditore di Vicenza Carlo Alberto Formaggio ha aperto dopo che gli abusi gli erano stati segnalati più di un anno fa. Da allora il maestro “innamorato” è stato tenuto lontano da altre potenziali vittime e gli è stato impedito di riprendere l’insegnamento. A scoprire quel torbido legame erano stati i genitori, avevano trovato alcuni messaggi nel cellulare della figlia che andavano molto oltre quello che dovrebbe essere il rapporto tra un docente e una allieva, tanto più una bambina. Durante l’anno scolastico 2017-18, i due si erano scambiati numerosi messaggi WhatsApp e bigliettini in cui lui la chiamava “amore mio”. Ma sono state trovate anche frasi morbose come “anch’io vorrei toccarti, ti amo”, fino a dichiarazioni esplicite: “Sono innamorato… ti spupazzerei…”.
Adesso l’ex alunna frequenta le scuole superiori, ha 13 anni ma quell’atroce esperienza la segnerà per sempre, non potrà mai essere dimenticata. In aula l’intraprendente maestro ha provato a sostenere che fosse stata la bambina a chiedergli il numero di cellulare, insinuando di essere lui il soggetto molestato. Il maestro ha anche proposto alla sua vittima di incontrarla fuori dalla scuola e la bambina, interrogata da uno psicologo, ha riferito effusioni, baci e carezze. I genitori si erano presentati dai carabinieri per denunciare i fatti due anni fa, subito dopo aver scoperto i messaggi nel cellulare della figlia. Erano molto allarmati da quello che avevano letto, anche perché la piccola definiva l’insegnante “il mio fidanzato”. La Procura ha ordinato una perizia per trascrivere almeno un centinaio di messaggi. Emerge la ricostruzione di un 40enne con evidenti tendenze pedofile, che oltretutto abusa della propria posizione per sottomettere psicologicamente la propria vittima e carpirne la fiducia. Con una vittima tanto fragile come una bambina di 10 anni, ha avuto gioco facile nel creare l’apparente innocenza di una relazione insana (“Quando andrai alle medie diremo ai tuoi che ci amiamo”), preoccupandosi però di mascherare le sue insane pulsioni in mezzo a raccomandazioni da “bravo maestro” sulla necessità dello studio e dell’impegno nella vita.
Non so, vogliamo eleggerla maestra dell’anno?
Quello che avete appena letto è un articolo falso, non l’ha scritto un giornalista, non è pubblicato su nessuna testata nazionale, non riferisce un reale fatto di cronaca. Mica sono un professionista dell’informazione, io… Poi però c’è un articolo identico, vero, ma a ruoli invertiti: è la maestra ad essere accusata di violenza sessuale su un alunno di 10 anni. Ecco allora che i professionisti dell’informazione si rimboccano le maniche per edulcorare la posizione della maestra innamorata. Da leggere, provando a trovare le differenze nella narrazione giornalistica a seconda che l’adulto abusante sia un uomo o una donna. Qualcuno ricorda il linciaggio mediatico, prima ancora che giudiziario, di Harvey Weinstein? Avrebbe “abusato” di donne perfettamente consenzienti, ma l’abuso consisterebbe nell’aver sfruttato la propria posizione di potere rispetto alla quale le “vittime” erano subordinate. E vai con la valanga di mostro, orco, meschino profittatore, violenza, abuso, stupro, oppressione, maschilismo, patriarcato e tutta la gamma di Vittimopoli. Anche se le “vittime” erano attricette trentenni perfettamente consenzienti all’epoca dei fatti, che solo dopo qualche lustro hanno ricordato di essere state costrette a soggiacere alle voglie del mostro a causa dalla posizione di inferiorità rispetto ad Harvey. Come mai quando la vittima di violenza sessuale ha 10 anni non si grida al mostro ma si stempera la gravità del comportamento della maestrina? La gravità dei fatti non è mai un elemento oggettivo, ma dipende da chi faccia cosa? Come mai c’è l’urgenza di comunicare ai lettori che l’insegnante faceva al bambino abusato anche raccomandazioni sulla necessità dello studio e dell’impegno nella vita? Proprio l’insegnate che ognuno vorrebbe per i propri figli. Non so, vogliamo eleggerla maestra dell’anno?