La Fionda

Kate Millett, il femminismo radicale (1)

Dire femminismo della seconda ondata1 è dire femminismo radicale. Dopo la prima ondata e, in ordine cronologico, le successive figure di Virginia Woolf, Simone de Beauvoir e Betty Friedan, arrivò lo tsunami. In realtà non ci furono grossi cambiamenti ideologici, la sostanza rimase la stessa. La più notevole differenza tra il femminismo radicale e quello moderato risiede nel fatto che il primo parla schiettamente, mentre il secondo parla attraverso eufemismi. Tra le numerose scrittrici e attiviste di spicco che il movimento riuscì a sfornare, Anne Koedt, Shulamith Firestone, Phyllis Chesler, Germaine Greer, Gloria Steinem, Monique Wittig, Susan Brownmiller, Andrea Dworkin, Juliet Mitchell, e altre, credo che Kate Millett meriti una menzione speciale. A momenti etero, a momenti lesbica, a momenti bisessuale, affetta duranti anni da psicosi maniaco-depressiva, diversi ricoveri psichiatrici e tentativi di suicidio, favorevole alla libertà sessuale dei bambini – risulta sbalorditivo tanto la ricorrenza dei problemi mentali tra molte delle figure storiche femministe quanto il loro consenso sulla pedofilia –, è l’autrice di La politica del sesso (Sexual Politics), opera pubblicata nel 1970. Credo si possa affermare, senza pericolo di sbagliare, di essere in presenza dell’opera più nota e più influente di questo periodo. In questa opera, Millett sostiene che “l’oppressione sessuale è dominio politico”. Le relazioni sessuali sono dunque relazioni politiche, attraverso le quali gli uomini dominano le donne. La causa principale di oppressione delle donne viene individuata nella politica del sesso, o patriarcato: il dominio sessuale dell’uomo sulla donna.

Tra i tanti lasciti di Millett, forse il più significativo è il suo contributo al successo conquistato dal termine “patriarcato” nel linguaggio e nell’immaginario collettivo. Secondo Kate Millett il patriarcato pervade tutto: penetra nelle divisioni di classe, nelle diverse società e nelle varie epoche storiche. Scrive: “…la nostra società, come tutte le altre civiltà storiche, è un patriarcato. Tale realtà appare subito evidente se si ricorda che le forze armate, l’industria, la tecnologia, le università, la scienza, le cariche politiche, e le finanze, in breve ogni accesso al potere nell’ambito della società, compresa la forza coercitiva della polizia, sono completamente nelle mani dei maschi”. Il dominio maschile, la forza coercitiva della polizia, delle forze armate… Ciò che Millett non spiega è perché il patriarcato nell’uso di questa forza coercitiva se la prende con se stesso: le prigioni sono piene zeppe di uomini, il 99% dei soldati deceduti in combattimento sono uomini e il 70% della popolazione civile (esclusi i soldati) uccisa in guerra è maschile. Come al solito, il femminismo cavalca contraddizioni.

Kate Millett
Kate Millett

Quando una femminista dice di agire per il bene degli uomini, state certi che vi sta mentendo.

In questo e nel prossimo intervento voglio parlare del pensiero di Kate Millett, e lo farò aiutandomi con l’intervista realizzata da Oriana Fallaci e pubblicata nel suo libro postumo Se nascerai donna. ORIANA FALLACI: Vi sono già tante guerre nel mondo, tanti problemi che coinvolgono in uguale misura uomini e donne, e quindi possono venir risolti solo attraverso l’alleanza degli uomini con le donne: è lecito fomentare una nuova guerra, la più paradossale che si sia mia concepita, la guerra tra uomini e donne? KATE MILLETT: Sì, perché l’etica che sostiene i problemi cui allude, suppongo i problemi di giustizia e di libertà, è un’etica completamente mascolina. Un’etica ipocrita, una mezza etica, che non tiene alcun conto delle donne e dei loro problemi di giustizia e di libertà. […] Sì, la guerra agli uomini è lecita. A tutti gli uomini, compresi quelli che credono d’esser moderni, rivoluzionari, e sono in realtà così reazionari. In quanto tutti, indistintamente, sostengono il concetto patriarcale che da millenni è alla base della società umana.

Mie osservazioni: ogniqualvolta una femminista asserisca che la guerra dei sessi non esiste, che il femminismo non è una guerra contro l’uomo, che cerca la sua collaborazione e il suo bene, state certi che vi sta mentendo. Il femminismo non solo ha ammesso in numerose occasioni di essere in guerra, l’ha spesso dichiarata esplicitamente, come avviene in questa citazione di Millett. Contro tutti, inclusi gli alleati, i gregari o i maschi pentiti, come li si voglia denominare. La situazione odierna, 50 anni dopo, non è molto cambiata; da un articolo femminista ne El Diario, giornale spagnolo: “Ci hanno convinto . Ci hanno ingannato. E ci stanno vincendo questa guerra. La guerra più silenziosa del mondo, la guerra più lunga e più invisibile. Una guerra con due schieramenti ben differenziati.” Nell’opera La grande menzogna del femminismo a pagg. 31-32 sono raccolte fino a 10 citazioni simili a quella di Millett, da fonti femministe diverse. Quante prove ci vogliono per dimostrare ciò che è ovvio? Basta la tragica esperienza di una separazione conflittuale in un’aula di tribunale per averne conferma. Se i nostri figli/e adolescenti, come avviene spesso in molte scuole in tutto il territorio nazionale, senza tra l’altro alcuna comunicazione da parte della scuola, durante qualche ricorrenza femminista sono costretti a sorbirsi alla scuola superiore l’opera di teatro, la conferenza o la predica di qualche insegnante (perlopiù femmina) contro la violenza maschile e la mascolinità tossica, questo dovrebbe essere il campanello di allarme più evidente per qualsiasi genitore (maschio) del fatto che c’è in atto una guerra dei sessi, contro di lui e contro il suo sesso, portata avanti dal femminismo attraverso persino l’indottrinamento dei propri figli.

Kate Millett
Kate Millett

Il femminismo cavalca contraddizioni.

KATE MILLETT: Quando la gente si chiede perché le più nobili rivoluzioni, cristianesimo incluso, sono in sostanza fallite, la gente risponde: perché la natura umana è malvagia e ripete sempre i medesimi errori. No. La risposta è: perché gli uomini sono rimasti al potere anziché dividerlo con le donne o addirittura delegarlo alle donne. ORIANA FALLACI: Ciò parte dal presupposto che le donne siano migliori degli uomini. E questo non è vero. KATE MILLETT: Che sia non vero è da dimostrarsi. Non esistono validi esempi di società matriarcali, e bisogna ricordare che la morale delle donne è quella imposta dagli uomini col patriarcato. Mia osservazione: è inutile commentare ulteriormente e riportare altri esempi sulla pretesa superiorità delle donne, le femministe, le autorità e i media ne fanno vanto ogni giorno. In questo sito è stato diverse volte denunciata e contestata, ad esempio qui. Per fortuna c’era Oriana Fallaci per smentirlo, “questo non è vero”. Concludo con le sue parole, nella stessa intervista, espresse qualche minuto più tardi. ORIANA FALLACI: Ovvio che le donne non son meno intelligenti degli uomini: teoricamente, anzi, io sospetto che lo siano di più. Infatti, quando si decidono a fare qualcosa, la fanno meglio degli uomini. Come al solito, il femminismo cavalca contraddizioni.

1 Nella storiografia femminista non esiste un consenso all’ora di stabilire la cronologia delle diverse ondate femministe. Nella storiografia di genere anglofona e italiana prevale l’idea che ci siano tre ondate in questo ordine: prima ondata, metà XIX sec. fino a metà XX sec. (suffragismo, diritto di voto, educazione,…); seconda ondata, anni sessanta (liberazione sessuale, aborto, divorzio, patriarcato,…); terza ondata, anni novanta fino ad oggi (ideologia di genere, violenza di genere, quote,…). Nella storiografia di genere ispanica prevale l’idea che ci siano quattro ondate in questo ordine: prima ondata, Illuminismo e Rivoluzione francese (Poullain de Barre, Olympe de Gouges, Mary Wollstonecraft); seconda ondata, metà XIX sec. fino a metà XX sec.; terza ondata, anni sessanta; quarta ondata, anni novanta fino ad oggi. A seconda della classificazione adoperata l’ordine è cronologicamente diverso. Purtroppo nei miei interventi precedenti ho alternato entrambe le classificazioni. Nel mio intervento su Betty Friedan avevo adoperato la classificazione ispanica mentre in quello su Oriana Fallaci quella italiana. Chiedo scusa se ciò ha potuto portare confusione. D’ora in poi, come in questo intervento, adopererò la classificazione prevalente in Italia.



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