di Redazione. Abbiamo dato conto di come l’On. Zan e la sua accolita abbiano cinicamente utilizzato la disabilità come cavallo di Troia per far passare la propria legge liberticida. Serve qualche dettaglio in più, anche per far capire come vengono organizzate le truffe dal lato parlamentare. Zan ha fatto riferimento a “molte associazioni di persone con disabilità” che avrebbero chiesto di includere nella legge-bavaglio i discorsi e le istigazioni d’odio anche verso i portatori di handicap. Scava scava e si scopre che di queste richieste non c’è alcuna traccia formale. Ad accertarne l’esistenza è un’oscura deputata di Italia Viva, che dice appunto di averne raccolte alcune. Chiacchiere insomma, parole in libertà e al vento. Non esistono agli atti lettere o comunicazioni delle maggiori associazioni sulla disabilità, non circolano i nomi di coloro che hanno chiesto di far finire la disabilità nella fasciocomunistissima norma della lobby arcobaleno, non ci sono audizioni ufficiali che ne abbiano registrato l’istanza. Insomma è palesemente tutta una finta, una truffa, un pretesto per rendere digeribile una legge la cui natura è da regime già solo a pensarla. Non esiste alcuna richiesta da parte di nessuno davvero in grado di parlare per tutto il mondo della disabilità, ostacolato da ben altri problemi che non l’istigazione all’odio in salsa GLBT. Con ciò il DDL Zan si macchia dunque dell’ennesimo atto di malafede e cinismo.
E non siamo soltanto noi de “La Fionda” a dirlo. Emergono, specie in rete, prese di posizione che smentiscono tutta la costruzione farlocca messa in piedi per sostenere una legge cui sarà dovere civico disobbedire. Ne riportiamo qua una, applauditissima e condivisa, scritta da Vincenzo De Lorenzo sul suo profilo Facebook. Vincenzo è una persona portatrice di disabilità, che dunque teoricamente dovrebbe venire tutelata dal DDL Zan. Eppure non ha dubbi e al portabandiera delle lobby gender dice a chiare lettere: “non in mio nome”. Gli argomenti che adduce sono significativi e crediamo opportuno riportarli integralmente perché dimostrano, come sospettavamo, che dentro la melma repellente del DDL Zan il mondo della disabilità sia stato ficcato sostanzialmente a sua insaputa, a scopi meramente strumentali. Ecco dunque le parole di Vincenzo: “#NONINMIONOME onorevole Zan. Ho letto le sue dichiarazioni sulla ripresa dei lavori parlamentari riguardo al disegno di legge che porta il suo nome, e sul fatto che lei citi genericamente “molte associazioni di persone con disabilità”, che le avrebbero chiesto di prevedere uno specifico riferimento alle discriminazioni subite dai loro associati. Ecco, oltre ad avere la curiosità di conoscere quali siano le “molte associazioni”, le ribadisco che quella sua proposta normativa sarà #NONINMIONOME.
“On. Zan, faccia pure la sua battaglia, ma non in mio nome”.
Sa perché? Perché la distonia della quale soffro da 54 anni, per una carenza di ossigeno durante la nascita, mi inchioda a una sedia da qualche anno. Perché più persone mi seguono 24 ore al giorno, mi lavano, mi puliscono, mi fanno mangiare e addirittura mi girano nel letto durante la notte, per aiutarmi a cambiare posizione, a respirare meglio, a continuare a vivere. Perché ogni mese, ogni giorno, ogni ora, mi assilla il problema di come pagare le tante spese che mi sono necessarie, nonostante la signora rumena che mi accudisce da sempre, il ragazzo togolese che è un po’ le mia braccia e le mie gambe, le tante persone che mi portano in giro, accettino compensi davvero irrisori rispetto alla mole di lavoro che svolgono, all’impegno che è loro richiesto, alla dedizione con la quale si prendono cura di me. Ora al netto della battaglia ideologica che lei e quanti con lei la condividono ritiene di fare, la faccia #NONINMIONOME, perché io sono convinto che la migliore Costituzione del mondo mi tuteli, che le norme ci siano, anche in abbondanza, che il problema sia farle rispettare, che le passerelle mediatiche non mi riguardano.
Soprattutto #NONINMIONOME inserisca la postilla sulle persone con disabilità perchè io sono nato uomo, maschio, sono convinto che la donna che ho sposato sia stata la grazia più grande che ho ricevuto, che i miei genitori siano stati fondamentali perché arrivassi a laurearmi a inserirmi lavorativamente, a realizzarmi come scrittore, poeta, anche aspirante politico nel Popolo della Famiglia. Sono convinto soprattutto che mia madre, la donna che mi ha generato, continui a vivere in me così come io in lei, malgrado non sia più tra noi da 15 anni. Dunque #NONINMIONOME mi accomuni a persone che ritengono giusto, doveroso, irrinunciabile scegliere il proprio genere indipendentemente dal sesso, #NONINMIONOME mi accomuni a persone che ritengono corretto, auspicabile, anche solo possibile ordinare, comprare e strappare i figli dal seno materno, per soddisfare i propri desideri, #NONINMIONOME mi accomuni a un circo mediatico che è quanto più lontano da me possa esistere. Io, la mia disabilità non la espongo come un trofeo, non la impongo agli altri come un dogma, non la propongo come un argomento salottiero. Se domani dovessi decidere di essere altro rispetto a quello che sono, il mio corpo, che è parte essenziale di me, me lo ricorderebbe e non sarebbe certo la legge Zan a cambiare le cose. Per concludere onorevole Zan, #NONINMIONOME discuta la sua legge in Parlamento, #NONINMIONOME cerchi alibi per imporre il silenzio a chi è contro l’ideologia omosessualista, #NONINMIONOME speculi sul mio dolore, sulla mia sofferenza, sulla mia vita. Un’ultimissima riflessione: è sicuro che le persone con tendenza omosessuali vogliano essere accomunate alle persone con disabilità?”.