di Redazione. Notizia recente, diffusa proprio nel giorno in cui il DDL Zan va in discussione alla Camera (essendo chiaramente una priorità nello stato attuale…): tra le “categorie” che verranno protette dall’istigazione all’odio non più solo omosessuali, lesbiche, bisessuali, trans e donne, ma anche i disabili. È la novità ipocrita dell’ultimo momento, insieme a un secondo emendamento secondo cui le denunce ci sarebbero soltanto per le “istigazioni all’odio” e non per le “libere espressioni” tutelate dall’art.21 della Costituzione. Un’astuzia che non toglie il problema: si potrà comunque essere denunciati, rinviati a giudizio, con relative spese e stress, non ripagabili da un’eventuale assoluzione. Fa pena. Fa decisamente pena l’On. Alessandro Zan e tutto il circo Barnum di donne barbute, nani e ballerine che gli va appresso. Sarebbe capace di inserire nella sua legge-porcata chiunque, dagli alieni ai vampiri, dai defunti ai non nati, pur di vederla approvata e pagare finalmente il debito verso la lobby da cui spera di venire rieletto.
La mossa sulla disabilità è la più spregevole e miserabile che si potesse pensare. Come spesso gli interessi femministi si fanno scudo degli interessi dei minori (più facili da far passare), così le accolite arcobaleno si appigliano a una categoria di persone realmente più deboli, che necessiterebbero di maggior tutela proprio da un lato oggettivo e concreto, non tanto contro le istigazioni all’odio, quanto contro la molto più concreta impossibilità di vivere una vita senza barriere fisiche o sociali. Quello di Zan non è un atto di generosità, ma un modo cinico per utilizzare le persone diversamente abili come scudi umani, un cavallo di Troia dove nascondere i propri veri interessi repressivi e di distribuzione di prebende. Se davvero tiene ai disabili, stralci dalla legge gli stanziamenti richiesti per le associazioni GLBT sue amiche e chieda che vengano destinati a chi assiste e sostiene le persone disabili. Allora forse crederemo alla sua buona fede. Forse.
Zan e la sua accolita fanno un uso strumentale della disabilità.
Perché, per quante aggiunte faccia al suo testo di legge, le anomalie restano. Non c’è alcuna emergenza omofobia in Italia, come accertato dal Viminale. È inaccettabile che si usi una legge come mezzo intimidatorio, secondo l’ammissione dello stesso Zan (“La legge serve a instillare nelle persone un atteggiamento di prudenza”, ha sfacciatamente dichiarato in una recente intervista). È inaccettabile cucire una legge sulle forme di alcune specifiche minoranze escludendone altre: omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali, donne e disabili, d’accordo. E perché non obesi o anoressici? Perché non gli strabici e gli zoppi? Perché non i pastafariani e i vegani? Perché non i brutti e quelli bassi di statura? Potremmo continuare all’infinito nell’elencare coloro che, per un verso o per l’altro, potrebbero diventare bersaglio di odii o violenza per il solo fatto di essere ciò che sono. Con che titolo Zan decide che ci sono minoranze più degne di tutela di altri?
Ma soprattutto continua a emergere il punto centrale della questione. Tra le tante categorie ansiosamente difese da Zan & C0., come pretesto per costruirsi una nuova clientela a carico dello Stato, ce n’è una che manca sempre all’appello: gli uomini. Sulla base di quale ragionamento e quali fatti questi vengono esclusi dalle tutele? Nel paese dove si dà apertamente dei “pezzi di merda” sulla TV nazionale a tutti gli uomini, specie se padri, dove pullulano iniziative di ogni tipo in spregio, odio e criminalizzazione della maschilità, come si possono escludere gli uomini da una tutela di legge contro l’odio o l’istigazione all’odio? Si può, Zan, fedele allievo delle femministe, lo fa con grande disinvoltura. Perché se qualcuno viene odiato, ci deve pur essere qualcun altro che odia. E, per quanto si tratti di una versione falsissima della realtà, il dito accusatore va puntato sempre sulla stessa categoria: gli uomini (etero). Resta da augurarsi che le maggiori associazioni che si occupano di disabilità smentiscano di aver chiesto l’inclusione nella legge-bavaglio e rimandino al mittente questo tentativo strumentale di utilizzare una realtà fragile e importante come la loro per ottenere il benestare su una legge pericolosa e illiberale.