di Alessio Deluca. Può piacere o non piacere, si può essere politicamente d’accordo o meno con lui, si può apprezzare il suo modo di fare giornalismo oppure disprezzarlo, ma una cosa bisogna concederla tutti a Vittorio Feltri: dice ciò che pensa. E non è un pregio irrilevante in un’epoca dove tutti siamo più o meno indotti a mostrarci per ciò che non siamo e a dire ciò che il conformismo vuole che diciamo. Complice probabilmente l’età, il direttore di Libero tende a non tenersi un cecio in bocca, come si dice a Roma. Lo fa su qualunque argomento e talvolta anche sulle donne, andando a colpire nemmeno troppo indirettamente il femminismo. “La storia che le donne sarebbero vittime degli uomini è davvero stucchevole oltre che falsa”, ha scritto in un recente articolo, rilanciato da Dagospia. Un cazzotto diretto sul naso alla narrazione dominante, che non poteva non far drizzare le orecchie a noi de “La fionda”, che da anni portiamo dati e fatti a riprova del concetto espresso così schiettamente dal direttore di Libero.
Dopo la giusta concessione al fatto che le donne sono sicuramente oggetto di molestie, così è stato e così sarà sempre, pur se il fenomeno è in netto calo, Feltri prosegue: “è altrettanto reale che molti maschi devono subire le ossessive attenzioni delle femmine”. Nell’ampio ventaglio degli atti che le donne hanno messo e mettono in opera a danno degli uomini, Feltri si concentra dunque sull’aspetto specifico dei possibili comportamenti femminili molesti. Lo fa prendendo spunto dalla sua esperienza personale: “sono stato infastidito da varie signore, peraltro gelose in forma patologica, sempre alla ricerca di aiuti, spintarelle, protezioni”, scrive, schiaffeggiando allegramente il #MeToo e dintorni. Secondo Feltri gli obiettivi della seduzione femminile sono spesso quelli di “conquistarsi favori gratuiti e continuativi da parte di colui sul quale puntano per ottenere vantaggi di qualsiasi genere, specialmente lavorativi”. Insomma un modo per colmare il divario salariale di genere, anche se a discapito di donne che non scenderebbero mai a quel tipo di compromessi.
Sotto i borbottii di Feltri ci sono questioni importanti.
Stupisce poi l’empatia, quasi la dolcezza, con cui Feltri ammette di trovare più interessante la compagnia, la conversazione, lo spirito e l’intelligenza delle donne. Può essere che sia una piaggeria per controbilanciare la durezza delle verità appena asserite ed evitare di venire sbranato, ma è facile che sia del tutto sincero. Alla sua età e con la sua esperienza Feltri si fa un baffo di chi vuole sbranarlo, e il prosieguo del suo ragionamento lo dimostra bene: “le signore sentono il diritto di andare a rimorchio, il che conferma la loro attitudine al gregariato”. Una frase deflagrante, c’è da immaginarsi Michela Murgia reagire come la giovane Reagan ne “L’esorcista” alla vista del prete. E a poco servirà la precisazione del direttore, che nella sua tipica ruvidezza conclude: “Sottolineo che non tutte le nostre care amiche siano come quelle descritte, qualche rara eccezione c’è. Tuttavia resta il fatto incontestabile che le rotture di balle che ti infliggono le signore sfiorano il tormento, e se le mandi al diavolo c’ è il rischio che venti anni dopo ti denuncino per stalking”.
Lo si è detto, è cosa nota: Vittorio Feltri ha fatto del suo atteggiamento burbero, da bergamasco che parla schietto, una caratteristica specifica del suo personaggio. Si sa che quando parla lui può venir fuori qualche sparata di parecchio sopra le righe, non a caso Maurizio Crozza ne ha fatto una splendida macchietta. Tuttavia, andando oltre agli aspetti formali, non sempre condivisibili, ciò che dice Feltri è la pura e semplice verità dei fatti. Al di sotto delle sue parole provocatorie si nascondono statistiche, casistiche, inclinazioni naturali ed effetti (come quello che il direttore chiama “gregariato”) di un condizionamento culturale negativo indotto proprio dal femminismo dilagante, vera e propria palla al piede per l’evoluzione delle donne. Alla base dei borbottii spesso spicci di un Feltri ci sono questioni profonde e serie, non robetta da maschilista da quattro soldi. Tutto materiale che andrebbe analizzato e posto all’attenzione e alla discussione pubblica, ma che non trova né troverà spazio. Ora su di lui si scatenerà la tempesta mediatica, tutta incentrata sui suoi toni e i suoi modi di esprimersi. È già pronto e presente un esercito a fare da diga, concentrando l’attenzione di tutti sul suo “rotture di balle” o altre espressioni simili, per sviarla dal cuore vero delle sue asserzioni. Così, per l’ennesima volta, un’occasione di approfondimento e confronto verrà negata alla più ampia opinione pubblica. La censura femminista funziona anche così.