di Fabio Nestola. La vicenda è consueta, tanto da richiamare alla memoria tante altre simili. Un giudice decreta che l’ex moglie debba consentire alla figlia di vedere il padre, il suo ex marito. Lei però disattende l’ordine, finisce denunciata ma poi viene assolta. Ne parla questo articolo che però, come spesso capita, non è prodigo di particolari. Sarebbe interessante sapere se quelli che il cronista definisce “problemi giudiziari di natura familiare” risoltisi con l’assoluzione del presunto reo fossero maltrattamenti, atti persecutori, violenza assistita, violenze sulla madre o sui figli, se fossero violenze di natura fisica, psicologica, sessuale, o altro ancora. Sarebbe importante saperlo perché nonostante il processo penale in corso (condanna in primo grado, assoluzione in appello), il sig. Pirrone aveva comunque delle modalità di frequentazione con i figli in quanto nessun tribunale aveva rilevato elementi validi per interromperle.
Lo ha fatto la madre, sostituendosi al tribunale: ha metaforicamente indossato la toga, si è autoeletta a giudice sovraordinato ed ha deciso che fosse legittimo annullare un provvedimento che non approvava. Per una riflessione approfondita sulla vicenda è necessario documentarsi ulteriormente. Abbiamo potuto contare sulla disponibilità dell’avvocato Alessio Alessandra, legale del sig. Ezio Pirrone, che ci ha aiutato a chiarire i lati oscuri della vicenda. La storia nasce nel 2014, con la separazione tra la signora Sabina ed il signor Ezio. La coppia ha una bambina di 3 anni che Ezio non vedrà più. Contestualmente alla separazione arriva infatti una denuncia per presunti abusi sessuali sulla minore, un topos, che esita in una prima condanna.
L’obiettivo di cancellare la figura paterna.
Il ricorso in Corte d’Appello ristabilisce un minimo di equità riconoscendo l’infondatezza delle accuse, anche se dopo un’odissea durata 6 anni: assoluzione perché il fatto non sussiste. Costi legali ed emotivi enormi, immagine sociale distrutta da un’accusa infamante che comunque, nonostante l’assoluzione, continua ad aleggiare condizionando giudizi e pregiudizi. È interessante rilevare come la separazione per incompatibilità di carattere sia ormai scomparsa dai tribunali, nel processo civile irrompono immancabilmente gli sconfinamenti nel penale attraverso le accuse più varie: il trait d’union è “non mi separo perché voglio, mi separo perché devo: sono costretta a proteggermi e/o proteggere la prole” e si esplicita attraverso denunce per percosse, lesioni, minacce, atti persecutori, violenze fisiche e sessuali su adulti e minori. In genere il risultato minimo è garantito: il tribunale interrompe gli incontri tra il genitore presunto abusante ed il minore presunto abusato.
Nel caso che ci occupa invece la relazione padre-figlia è stata tutelata, almeno formalmente. Nonostante le reiterate opposizioni della signora Sabina il diritto/dovere del padre di relazionarsi con la figlia è stato riconosciuto in più procedimenti incardinati a partire dal 2014. Sono inoltre stati disposti incontri in spazio neutro alla presenza delle assistenti sociali, a garanzia della tranquillità della madre e dell’incolumità della bambina. È però lecito chiedersi in quanti casi il reale obiettivo dei genitori ostativi sia quello di tutelare i propri figli da presunti abusi, oppure quello di cancellare la figura paterna.
La Giustizia nel paese che ama definirsi la culla del Diritto.
Il reclamo mosso dal signor Ezio, infatti, nasceva dal fatto che la ex si fosse sempre rifiutata di accompagnare la figlia presso lo spazio neutro. Per lei il padre era un pedofilo. Qualsiasi cosa decidesse il tribunale, lei aveva già deciso che era un pedofilo, punto. Ha quindi ignorato ogni provvedimento ed ha agito in spregio delle decisioni prese in sede giudiziaria. Abbiamo un’ampia casistica in merito: per molti genitori la sentenza è già emessa al momento in cui viene presentata la denuncia. Lo dico, quindi è vero. E dal momento della denuncia partono le sanzioni autodeterminate, senza la noiosa incombenza di dover attendere il pronunciamento dei giudici. Quindi anche quando arrivano le assoluzioni che appurano l’infondatezza delle accuse, le sanzioni fai-da-te restano. L’ho deciso io, quindi è così che devono andare le cose.
Noi non siamo giudici, per fortuna nostra e di molti altri, ma riteniamo ugualmente che una condanna sarebbe stata opportuna. Il comportamento arrogante di un singolo cittadino che si fa beffe dei tribunali non può restare impunito, perché – come osservato anche dall’avvocato Alessandra – l’assoluzione di chi viola il dispositivo giuridico costituisce una sorta di sanatoria del reato di cui all’art. 388 cp, con l’effetto di legittimarne la reiterazione da parte di chiunque. Un metamessaggio estremamente pericoloso: fate ciò che volete, se desiderate impedire i contatti padre-figlio fatelo pure tanto nessuno vi farà niente; violate tutto il violabile sia sul civile che sul penale, tanto non vi accadrà nulla: se la parte lesa accetta passivamente le limitazioni imposte il vostro disegno illegale avrà ottenuto gli effetti desiderati, ma anche se non le accetta e ricorre in giudizio, verrete assolte. Questa è la Giustizia nel paese che ama definirsi la culla del Diritto.