di Alessio Deluca. Il nome, le parole e l’opera di Linda Laura Sabbadini sono cose note a chi si occupa, da un versante o dall’altro, di questioni di genere. Davide Stasi, nel suo libro “Violenza sulle donne: le anti-statistiche“, definisce il lavoro della Sabbadini all’ISTAT come “l’origine del male”, argomentando in modo piuttosto convincente quella che potrebbe apparire come una mera dicitura provocatoria. Ebbene “l’origine del male” è appena stata nominata chair (che in inglese significa “sedia” ed è il termine politically correct oggi per indicare chi presiede una riunione, da usarsi al posto del termine corretto chairman, destituito in quanto contenente la parola man, cioè “uomo”…) del W20. La sigla sta per “Woman 20” e indica un’accolita di femministe incallite incaricate ufficialmente di dettare alle 20 più grandi potenze mondiali le politiche per favorire le donne a discapito degli uomini. Loro parlano di “politiche per la parità”, ma è solo una foglia di fico, si sa. L’obiettivo è quello della supremazia femminista e in subordine femminile, togliendo di mezzo gli uomini e qualunque loro diritto.
Il ruolo di “sedia” così acquisito dalla Sabbadini è di grande prestigio e importanza. Dovrà coordinare delegazioni di femministe feroci provenienti da venti paesi, per poi stendere, in una sessione di riunioni prevista per il prossimo anno, una strategia mondiale orientata al women empowerment. Un premio meritatissimo, questo, per l’attività messa in campo dalla Sabbadini in tutti questi anni: oggettivamente la donna giusta nel posto giusto. Basta ripercorrere i capisaldi del suo operato per rendersi conto di ciò. A lei si devono le due indagini campionarie, una nel 2006 e una nel 2014, con cui l’ISTAT ha dato al femminismo suprematista italiano tutti gli strumenti necessari per affermare la visione della realtà che ci viene ossessivamente imposta ogni giorno. Quella, per intenderci, dei milioni di donne vittime di violenze assortite (stalking, stupro, molestie, maltrattamenti, eccetera) da parte di milioni di uomini carnefici. Nel corso degli anni gli esiti di quelle indagini sono stati scomposti e ricomposti, smembrati e integrati per alimentare l’idea di un paese in stato di guerra (l’ultima ribollita di quei dati è del 2018 e conteneva la sparata dei 12 milioni di donne vittime di violenza…), il tutto ampiamente rilanciato dai media con parole come “strage”, “mattanza”, “olocausto”, “emergenza” e simili.
Il grande Truman Show dell’orrore in rosa.
In realtà, pochi lo sanno, e chi lo sa tace, quelle sono appunto mere indagini campionarie, sondaggi di opinione fatti su un campione e poi proiettati sull’intera popolazione italiana. Indagini fatte al telefono, con metodi di rilevazione estremamente superficiali e con set di domande scandalosamente tendenziose, concepite in modo da rendere impossibile che non emergessero ampie situazioni di violenza. Gli esiti di un’indagine campionaria non sono mai dati ma stime, cioè ipotesi, temi di riflessione, da verificare incrociando altri dati ben più reali e contabili, come il numero di condanne, ad esempio. Ed è lì che crolla il castello: basta guardare i dati del Ministero della Giustizia e i milioni di carnefici diventano meno di 5.000 ogni anno, mentre altre indagini campionarie condotte con rigore dall’Unione Europea collocano l’Italia tra i paesi più sicuri per le donne. Alla luce delle smentite, in un paese normale le statistiche della Sabbadini, palesemente orientate dal lato ideologico e dunque inaffidabili, e per questo mai citate a livello internazionale da nessun organismo indipendente, verrebbero cancellate come un’onta nazionale e la loro promotrice collocata in un sottoscala a mettere timbri. Invece i loro esiti imbarazzanti sono diventati fatti reali, narrato comune, convinzione diffusa, opinione consolidata, e la loro autrice è assurta a riferimento filosofico e politico di tutta l’industria che su quelle statistiche è fiorita e tuttora prospera.
Va detto che per un certo periodo la Sabbadini ha subito la rimozione dall’ISTAT per motivi ancora sconosciuti, c’è chi dice politici e chi proprio per l’imbarazzo suscitato delle sue ricerche. Durante quel limbo si è dedicata all’opinionismo e alla politica. La si ricorda in prima fila a mistificare senza alcun imbarazzo tutto ciò che prevedeva la proposta di riforma dell’affido condiviso presentata dal Senatore Simone Pillon, tra gli applausi delle accolite e delle odiatrici dei diritti dei minori. La sua esperienza editoriale come maestra di pensiero su alcuni quotidiani prosegue anche oggi che, non si sa bene come (forse un ricorso al Tribunale del lavoro?), è stata ricollocata là dove può fare più danno di quanto fatto in precedenza, cioè alla Direzione Centrale dell’ISTAT. Non c’è notizia di sue altre sublimi ricerche campionarie in cantiere, probabilmente la scarsità di risorse ci sta risparmiando da ulteriori mistificazioni ed è forse anche per questo che il femminismo sciacallo si è gettato subito sull’ipotesi di mangiarsi metà del Recovery Fund: servono statistiche farlocche fresche, servono dati pilotati per continuare a spacciare alla gente, tramite i media, la grande menzogna di sempre. Non stupirà dunque vedere tra i primi punti del futuro documento del W20 presieduto dalla Sabbadini l’immancabile richiamo alla “necessità di maggiori risorse”. Quelle necessarie a tenere in vita il grande Truman Show dell’orrore in rosa in cui tutti, uomini e donne per bene, siamo ficcati a forza.
Il femminismo della supremazia e della bugia è sempre più ramificato.
Siamo forse prevenuti? Be’, il buon giorno si vede dal mattino. Così la Sabbadini ha commentato la sua nomina (corsivi nostri): “L’Italia guiderà il W20 con molta determinazione. Il mondo deve molto alle donne per il baluardo che hanno rappresentato nella lotta contro il Covid-19. C’è un problema di diritti delle donne che deve essere risolto. Ma c’è anche un problema di crescita e di disuguaglianze sociali. Crediamo che l’uguaglianza di genere debba diventare un punto cruciale strategico dell’Agende dei governi, perché avanzare nell’uguaglianza di genere fa aumentare il Pil dei nostri Paesi e aiuta a ridurre le disuguaglianze sociali. Le donne sono la metà del mondo, saranno le protagoniste di una vera ripresa equa e sostenibile”. In queste parole c’è tutto il repertorio noto. Perché e come le donne siano state baluardo (sottinteso: più e meglio degli uomini) contro il Covid-19 non è dato saperlo. E in ogni caso, vista la situazione, non pare che quel baluardo abbia funzionato granché… In ogni caso la Sabbadini cerca di appropriarsi di un merito che non c’è, lo afferma con sicurezza e i media che lo riportano senza contestarlo lo trasformano in verità. Non è chiaro poi quali siano i problemi sui diritti delle donne, posto che in nessun paese occidentale vigono leggi discriminatorie verso le donne (se mai, ne esistono verso gli uomini).
Poi c’è la foglia di fico, quella parità che per Sabbadini è “uguaglianza”, una bestemmia logica visto che uomini e donne non possono e non devono essere uguali, essendo diversi per natura. Pari devono essere i loro diritti e doveri, il che è tutt’altra cosa. Ma così il concetto diventa un terreno scivoloso per chi pretende di alzare gli stipendi di bidelle e infermiere allo stesso livello di un ingegnere elettronico o di un primario di chirurgia, ed ecco che allora si preferisce parlare giacobinamente di “uguaglianza”. Un’uguaglianza che farebbe aumentare il Pil, non si sa bene come. Così asserito, probabilmente chiuderebbe anche il buco dell’ozono, guarirebbe i malati e resusciterebbe i morti, chissà. Ma ciò che conta è il principio numerico di base: le donne sono la metà del mondo, dunque è loro diritto mangiarsene il 50%. Anzi di più, per contropartita di tutte le violenze che hanno subito e subiscono. Lo dicono le statistiche della Sabbadini, quindi dev’essere per forza vero. Resta solo da sperare che i grandi 20 prendano il documento del W20 e ne facciano ciò che fanno di solito con i report degli “engagement group” non direttamente coinvolti nei grandi equilibri internazionali: areoplanini di carta. Ma è una speranza legata a un filo sempre più sottile. Il femminismo della supremazia e della bugia è sempre più ramificato, sa piazzare le proprie portatrici d’interesse là dove serve. Sui tavoli dove si mangia bene. Dove si mangia tutto.