di Fabio Nestola. Circolare 2014, Questura di Milano.
Una legge, per sua natura, nasce asessuata. Il principio stabilito dalla norma deve quindi essere applicato a qualunque individuo, a prescindere da etnia, religione, orientamento politico, classe sociale e naturalmente anche dal sesso. Nel nostro codice penale il reato di “violenza contro le donne” non esiste: dai maltrattamenti all’omicidio nessun reato prevede che possa essere agito solo da soggetti di genere maschile ai danni di soggetti di genere femminile. Quindi, tanto per citarne uno molto in voga, la fattispecie autonoma del reato di femminicidio non esiste. Poi c’è la propaganda, il condizionamento istituzionale e mediatico che porta cittadine e cittadini a credere che alcune norme abbiano la funzione di proteggere le donne, solo le donne, esclusivamente le donne.
Da cui, appunto, la creazione squisitamente mediatica del termine femminicidio che in realtà non ha mai avuto una definizione precisa, tanto meno giuridica. Della propaganda istituzionale fanno parte altri passaggi, come l’istituzione della “Commissione femminicidio” e le dichiarazioni corali di molti parlamentari che connotano come “un altro passo verso la tutela delle donne” novelle normative come il codice rosso, il revenge porn e lo stalking. Non ha alcuna rilevanza nemmeno il fattore numerico, l’articolo che sanziona un reato tutela uomini e donne anche se di quel particolare reato sono vittime il 75% di donne ed il 25% di uomini.
Il messaggio è sottile, bisogna coglierlo tra le righe.
Non esiste “furto commesso da napoletani”, sarebbe una discriminazione razzista legiferare ad hoc poiché quel reato viene commesso prevalentemente nel meridione, è furto e basta, poi sarà il Ministero dell’Interno a dire se per furto vengono denunciati 1.000 partenopei, cinque torinesi, tre genovesi ed un veneziano. Allo stesso modo non esiste “stalking commesso dagli uomini contro le donne” è stalking e basta. In molti però fanno passerella vantandosi di promuovere iniziative legislative a tutela esclusivamente della donna e il martellamento fa presa: larga parte della cittadinanza è convinta che esista il reato di femminicidio, che stalking, percosse e maltrattamenti vengano commessi solo dagli uomini, che vengano varate norme per proteggere esclusivamente le donne.
Fatta questa lunga premessa, ci preme analizzare altre forme di propaganda che contribuiscono a creare, non solo nei comuni cittadini ma anche tra le forze dell’ordine, la convinzione che determinate norme servano esclusivamente a tutelare la donna. Analizziamo la circolare Z3.225/MAS/2014. Il messaggio è sottile, bisogna coglierlo tra le righe.
La valutazione è lasciata alla percezione soggettiva dei singoli.
Il decreto parla di violenza di genere, senza specificare quale possa essere il genere-vittima. Poi il chiarimento induttivo: punizioni per gli autori di reati commessi nei confronti delle donne e dei soggetti deboli. La norma è asessuata, il chiarimento no. “Soggetti deboli” può voler dire tutto ed il contrario di tutto, debole può essere chiunque per una particolare condizione sia cronica che momentanea. Inoltre è inaccettabile la esclusiva protezione per i cosiddetti soggetti deboli e la percezione che ad essa sottintende. Cosa intende il codice penale per “debole”? Debole fisicamente perché malato, convalescente o meno prestante dell’aggressore; oppure debole emotivamente perché sottomesso, timoroso, passivo? In ogni caso, un soggetto “forte” non ha identici diritti di tutela giudiziaria rispetto a chiunque altro? Un uomo di 1,80 non ha diritto di essere tutelato da calci e bastonate della moglie di 1,65 perché “avrebbe potuto difendersi da solo”? Un culturista con 90 kg di muscoli non ha diritto di essere tutelato dalla fidanzata mingherlina che gli spacca un posacenere in testa, perché “avrebbe potuto difendersi da solo”? Un figlio 20enne non ha diritto di essere tutelato dall’aggressione della madre 50enne a colpi di forbici, perché “avrebbe potuto difendersi da solo”? Non si tratta di mere ipotesi, sono solo alcuni dei tanti casi concreti che abbiamo in archivio.
Magari è anche vero che avrebbero potuto difendersi da soli, ma non può essere una risposta istituzionale sostenibile “non ti lamentare se ricevi uno schiaffo, perché potenzialmente saresti in grado di restituirne quattro”. È inconcepibile pensare che un soggetto debole per antonomasia sia impossibilitato ad agire violenza su un soggetto forte, o comunque più forte, quindi è giuridicamente inammissibile che il soggetto “forte” sia escluso dalle tutele. La classificazione giuridica dei soggetti deboli non esiste, la valutazione è lasciata alla percezione soggettiva dei singoli. E la percezione dei singoli viene pilotata verso la contrapposizione ideologica donna/debole, uomo/forte, che esita nella percezione conseguente donna/vittima, uomo/carnefice. Non se ne esce.
Non c’è possibilità di opporsi.
Ammonimento per lesioni personali consumate o tentate, anche in assenza di querela. Non c’è la querela, non c’è nemmeno la lesione che resta solo un’ipotesi, ma il Questore interviene ugualmente. Probabilmente, forse, chissà, non è detto che potresti farlo… però, nel dubbio, un provvedimento lo prendo. È la costruzione di un profilo tossico perché alla prossima segnalazione, anche in assenza di riscontri oggettivi, scattano le sanzioni di livello superiore. Le misure cautelari; non c’è quindi una necessità oggettiva di protezione della presunta vittima che “si dichiara” tale, non emerge da una fase istruttoria, la misura viene presa in via cautelativa. Hai visto mai… La misura più blanda è l’ammonimento, poi allontanamento dalla casa familiare, divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla presunta vittima, divieto anche di comunicazione con la presunta vittima, braccialetto elettronico, fino agli arresti domiciliari o alla detenzione in carcere. Poi all’udienza di convalida, se il malcapitato dimostra di essere innocente, può anche essere scarcerato. E magari è pure contento di essere scarcerato, invece di indignarsi per essere finito nel tritacarne senza aver fatto nulla di penalmente rilevante.
Una lite in famiglia di qualsiasi entità, anche su segnalazione dei vicini per delle grida, anche senza referti ospedalieri, anche senza denunce, entra nel Cruscotto Operativo. Una sorta di pedigree a cui accedere per vedere se la prossima segnalazione dei vicini potrà esitare in arresto. Resta da vedere, in una lite tra le mura domestiche, chi sia vittima e chi autore. Il concetto di reciprocità non è contemplato nella circolare, deve esserci un autore ai danni del quale configurare l’abitualità per procedere all’arresto. È già un giudizio, è innegabile che lo sia, da parte di chi dovrebbe limitarsi a verbalizzare oggettivamente i fatti e non interpretarli soggettivamente. Non c’è possibilità di opporsi perché tecnicamente non costituisce un precedente penale, ma nei fatti lo è. Fortissimi dubbi, inoltre, sulla fondatezza delle valutazioni soggettive ed estemporanee.
“Si è solo difesa” vale solo per le donne.
Ad esempio, se una persona tira piatti e bicchieri e l’altra reagisce spingendo, chi finisce nel Cruscotto Operativo alla voce “autore”? Dovremmo chiederci se sia più rilevante l’aggressione o la reazione per interromperla. Se una persona inizia la lite verbale, anche insultando ed alzando la voce, e l’altra reagisce minacciando con un paio di forbici, chi finisce nel Cruscotto Operativo alla voce “autore”? Dovremmo chiederci se sia più rilevante l’insulto verbale o la reazione violenta. Volutamente per gli esempi ho usato il termine persona, senza definirne il genere. Temo però che un agente condizionato dal concetto di soggetto debole, trovandosi di fronte un uomo ed una donna sia portato ad identificare immediatamente lui come autore e lei come vittima. A pelle, senza ancora sapere cosa sia accaduto. Mille genitori hanno riferito l’atteggiamento ostile degli uomini in divisa, prima di chiarire “guardate che vi ho chiamati io, sono io quello che ha chiesto aiuto”.
Però “si è solo difeso” generalmente per lui non vale, non viene identificato come soggetto debole; “si è solo difesa” è una teoria valida solo per giustificare le violenze femminili per le quali si parla sistematicamente di violenza reattiva. Cosa avrà fatto lui per spingerla a tanto. Ecco il concetto di soggetto debole inquinato dal pregiudizio: di fronte ad una coppia che se le da reciprocamente, anche senza che uno prevalga sull’altra, chi verrebbe registrato come “autore”?