La Fionda

Alienazione, violenza e minori: cento esperti scrivono alle istituzioni

di Giorgio Russo. Il 10 settembre scorso, cento tra intellettuali, accademici e professionisti esperti in materia psicoforense hanno diffuso un “memorandum” indirizzato alla “Commissione parlamentare sul femminicidio” e a varie altre istituzioni, tra cui il Dipartimento Pari Opportunità e gli istituti per la garanzia dell’infanzia. Tra i firmatari ci sono nomi noti e meno noti. Spiccano, senza nulla togliere agli altri, il Prof. Giovan Battista Camerini, l’avvocato Guglielmo Gulotta, l’avvocato Carlo Ioppoli, la dottoressa Sara Pezzuolo, il dottor Marco Pingitore e tanti altri, che insieme costituiscono il gotha scientifico, come tale riconosciuto anche a livello internazionale, nell’ambito degli studi legali e scientifici sui minori, le procedure di affido, le pratiche separative e dintorni. Studiosi che si riconoscono nei contenuti della conosciuta “Carta di Noto“, lo strumento di riferimento per tutti coloro che si occupano di minori in conformità con i maggiori studi internazionali di psicologia e psichiatria. Ma perché questo parterre di studiosi sente il bisogno di scrivere alla Commissione presieduta dall’On. Valeria Valente?

Lo si comprende leggendo il lungo ma chiarissimo documento. La “Commissione femminicidio”, invece di occuparsi di definire cosa sia il femminicidio, fattispecie sulle cui caratteristiche ha dubbi la stessa Valente (!), e di verificare quanto davvero sia diffuso eventualmente il fenomeno, ha pensato bene di iniziare a ficcare il naso in alcune vicende separative, collegando ad esse l’ipotesi di casi di violenze sottostimate in connessione “al fenomeno della PAS” (sindrome da alienazione parentale). In particolare la Commissione ha messo gli occhi su 572 fascicoli “dubbi” segnalati da un’oscura associazione di “madri contro la violenza istituzionale”. Cioè donne accusate, dopo diverse perizie e gradi di giudizio, di alienare i figli e per questo penalizzate da qualche tribunale. Per costoro tutte le CTU e tutti i diversi magistrati che hanno valutato il loro caso sono in combutta per danneggiarle e hanno negato l’esistenza di casi di violenza. Insomma c’è una congiura internazionale contro di loro e le altre dei 572 casi. Pur non riuscendo nemmeno a rappresentare un 1% delle cause di separazione ogni anno in Italia, la “Commissione femminicidio” ha deciso di valutarle per capire quanto incida nei procedimenti la sottovalutazione delle violenze, con tutte le ricadute sui minori.

Valeria Valente
Valeria Valente

Vittimizzarsi, magari davanti alle telecamere, se capita.

Ecco allora che il buon senso scientifico interviene, per bocca dei cento studiosi, a dare qualche pacato consiglio e a chiarire qualche idea un po’ confusa rispetto a un’iniziativa quanto meno discutibile. I firmatari, essendo in parte scienziati in parte persone razionali, mettono insieme dei fatti: posto che gli errori giudiziari purtroppo capitano (e i numerosissimi uomini falsamente accusati lo sanno bene), va preso atto che nei procedimenti di separazione o divorzio le donne vengono nettamente favorite. A giudicare questi casi è una magistratura composta al 74% da donne e le CTU sono affidate a donne in percentuali simili, quindi è da escludere una mancanza di “empatia di genere”. Che tutto questo inneschi un pregiudizio “antifemminile” fino a diventare “violenza istituzionale” pare insomma abbastanza improbabile. Sgombrato il campo da questo, i cento firmatari ricordano alla Valente & Co. che il criterio-guida riconosciuto ovunque come il migliore nella gestione dei minori durante le separazioni sia quello “dell’accesso”, secondo cui “va preferito per l’affidamento il genitore che favorisca il rapporto del figlio con l’altro genitore”. Ovvero il genitore che più e meglio riconosce al minore il diritto ad avere due genitori. Se il criterio è valido, come è stato riconosciuto ad ogni livello, è evidente per converso che vada disincentivato il genitore che ostacola il rapporto con l’altro genitore.

La pratica di frapporre ostacoli, dicono i firmatari, è oggetto di studio ad ogni livello, non a caso è annoverato nella sua forma non patologica (cioè come alienazione parentale, non in forma di “sindrome”) nel DSM IV tra i problemi relazionali tra genitore e figlio e nel DSM-5 all’interno dei problemi correlati all’allevamento dei figli. Cioè è un disturbo del comportamento, non una sindrome. Il concetto di sindrome infatti è stato abbandonato da tempo dagli studiosi della materia. Insomma i cento firmatari esortano implicitamente la “Commissione femminicidio” e le sue committenti ad aggiornarsi. E magari a smetterla di attaccarsi a una questione già ampiamente superata per negare una realtà dei fatti che risulta dannosa, talvolta anche devastante, anzitutto per i figli. Contestualmente e sempre implicitamente c’è l’invito a smetterla di utilizzare in modo improprio il termine “violenza”, attribuendolo alla percezione individuale delle persone, cioè concettualmente soggettivizzandolo per poterlo utilizzare in modo strumentale. Ossia per vittimizzarsi, magari davanti alle telecamere, se capita, e suscitare quell’onda emotiva utile a far passare in secondo piano i fatti oggettivi, con il colpo di coda magari di trasmettere a reti unificate il messaggio che il proprio ex fosse un violento, pur in assenza di qualsivoglia prova o sentenza in merito (per dettagli citofonare Giuseppe Apadula).

Il “Comitato madri unite contro la violenza istituzionale”

Il “memorandum” ha ampiamente colpito nel segno.

Quanto possa essere fuorviante e pericoloso l’utilizzo strumentale del tema della violenza declinato in termini soggettivi emerge dalla proposta, che circola da un po’, per una revisione dei criteri con cui vengono selezionati e formati i professionisti incaricati dai tribunali. A leggerla bene non sembra voler garantire la massima professionalità dei periti, ma somiglia piuttosto a un iniziativa affinché si coinvolgano solo specialisti inclini a favorire automaticamente la parte femminile. Solo una Commissione parlamentare su una fattispecie che non esiste poteva pensare a un’aberrazione del genere, a parere nostro. Più diplomatici di noi, i cento firmatari fanno notare come quella proposta, oltre a essere molto sbagliata, finirebbe per avere, di nuovo e come sempre, i minori come vittime. Oltre a stimolare l’iper-attivismo dei vari manipoli di madri ossessivamente schierate contro il diritto del minore alla bigenitorialità a eccessi come quello recente della pubblicazione sul web di una “lista di proscrizione”. In essa oltre 120 professionisti venivano messi alla berlina con toni diffamatori come “sostenitori della PAS” e componenti di quella “spectre” organizzata per fare “violenza istituzionale” alle madri.

Un documento pacato, ragionevole, gonfio di scienza e fatti, quello dei cento firmatari. Ma troppo razionale per essere compreso da una realtà che vive di narrazioni fantastiche, numeri gonfiati e mistificazioni utili a tenere in piedi clientele e business. Al memorandum dei cento esperti non risulta che la “Commissione femminicidio” abbia dato risposta. Anche perché l’unica risposta sensata a un documento del genere dovrebbe essere lo scioglimento immediato della Commissione stessa… In compenso è circolato in rete un commento dell’On. Veronica Giannone, ex Cinque Stelle, nota per fare irruzione nelle stanze dei tribunali dove si stanno discutendo procedimenti cui esterni non possono partecipare (per dettagli citofonare Giuseppe Apadula, sempre lui…). Il suo commento su Facebook è derisorio, sprezzante per come cerca di sminuire la personalità e professionalità dei firmatari, senza ovviamente ribattere in modo davvero sensato a nessuna delle loro argomentazioni. Si registra in risposta, sempre su Facebook, lo scoramento del Prof. Camerini nel constatare il livello infimo a cui viene trascinato un dibattito che, insieme agli altri, aveva tentato di tenere alto. Comprendiamo lo sbigottimento dei cento esperti: loro sono abituati, per professione, a volare alto. Noi, abituati a guardare da vicino la melma maleodorante degli interessi che circuitano attorno al femminismo e ai suoi diversi portavoce, invece, non solo non ci stupiamo, ma abbiamo motivo di gioire. Se come unica risposta si è ottenuto un post insultante da parte dell’On. Veronica Giannone, più altre frattaglie settarie (di cui parleremo nel pomeriggio), vuol dire che il “memorandum” ha ampiamente colpito nel segno. E che non bisogna smettere di colpire.



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