di Redazione. La campagna elettorale per le elezioni regionali del 20 e 21 settembre prossimo si sta svolgendo in un clima rovente, in alcuni casi non degno di una democrazia che si autovaluta come evoluta. Minacce, aggressioni, odio a fiumi su media mainstream e sui social, che non di rado ispirano atti che molto somigliano a uno squadrismo di cui non si sentiva alcuna mancanza. Consci che, dopo tutti i bei discorsi sul #restiamoumani, #odiareticosta, commissioni bavaglio sull’hate speech e iniziative simili, stride assai il fatto che gli unici ad essersi resi protagonisti di gesti di violenza e intimidazioni siano stati ad oggi soggetti di sinistra, perfino Nicola Zingaretti e Andrea Scanzi arrivano a esprimere sui social la loro solidarietà nei confronti dell’arcinemico Salvini per l’aggressione subita a Pontassieve. E fin qui la farsa rientra nelle normali regole del gioco. Ma…
C’è sempre un ma. O meglio un mu: Gabriele Muccino, cui non deve essere arrivato l’ordine di scuderia di tornare a fingere di essere buoni, spariglia le carte e se ne esce con una vomitata di violenza verbale degna di chi, a detta del suo stesso fratello Silvio, picchiava la moglie. E infatti, nella shitstorm che lo travolge, in tanti gli contestano le accuse a suo tempo confermate dall’ammissione di Silvio Muccino di aver reso falsa testimonianza a favore del fratello regista (ammissione arrivata quando il reato era ormai caduto in prescrizione, guarda un po’). Muccino regista si era quindi sì salvato sul momento dal rinvio a giudizio, ma l’ammissione seppur tardiva del fratello aveva portato il giudice di sede civile a stabilire l’affido esclusivo della prole a favore della moglie.
Ci sarà tempo per tornare a recriminare dopo la tornata elettorale.
Il problema è che un autore di violenza domestica che mostra il suo odio settario, violando gli ordini di partito, determina un cortocircuito. Ma niente paura: arriva subito Repubblica a metterci una pezza, con un panegirico a favore del regista, che in fondo si è pur sempre dimostrato un fedele compagno, arrivando a dargli diritto di replica a tutto schermo sulle accuse di violenza, per “chiarire quanto accaduto”. E la ex moglie? Quella donna cui il giudice ha affidato la prole dopo che Silvio Muccino ha confermato le violenze del fratello?
Per lei nessun diritto di replica. Repubblica chiude lo spot lasciando che il popolo a dieci giorni dalle elezioni la ricordi come una calunniatrice. E in tutto questo le femministe italiane non aprono bocca. La lotta contro la violenza sulle donne, il patriarcato, le pari opportunità, cavalli di battaglia loro e di Repubblica, sembrano improvvisamente dimenticati. Ma d’altra parte, mica ci si gioca 5 anni di appalti regionali per un tizio famoso che, stando alle parole del fratello, corcava di botte la moglie. Ci sarà tempo per tornare a frignare e recriminare (ma mai in casa propria), poco dopo la tornata elettorale.