di Alessio Deluca. Si è sempre detto, talvolta a voce alta, talvolta sussurrandolo, che tutto il pasticcio degli ultimi anni, con il delirio femminista e la teoria queer che dilagano pervadendo ogni anfratto della vita collettiva, avesse origine nell’ONU e nelle sue agenzie collegate, specie quelle che hanno a che fare con le questioni sociali ed economiche dei paesi membri. Se si eccettuano quelli di organismi dichiaratamente di stampo femminista, i documenti o le dichiarazioni ufficiali prodotti dal Palazzo di vetro non si sono mai sbilanciati più di tanto, limitandosi ad affermare determinati concetti, imponendo specifiche prese di posizione attraverso circonlocuzioni, trucchetti linguistici o imposizioni e pressioni indirette. Esisteva dunque un margine che lasciava sperare molti che l’ONU non fosse davvero quell’organismo integralmente prono ai diktat delle lobby femministe e gender, e che forse qualche posizione moderata o contraria esistesse al suo interno. Il Segretario Generale Antonio Guterres ha di recente tolto ogni dubbio in merito.
“La pandemia di covid-19 sta dimostrando ciò che noi tutti sappiamo: millenni di patriarcato sono sfociati in un mondo dominato dai maschi, con una cultura dominata dai maschi, che danneggia tutti: donne, uomini, ragazze e ragazzi”. Questo dice il tweet pubblicato dal profilo ufficiale delle Nazioni Unite in accompagnamento al testo e al video dell’intervento che Guterres ha pronunciato il 31 agosto scorso in collegamento con alcune organizzazioni dedite al tipico attivismo femminista. Quello che utilizza la parità e la difesa dei diritti delle donne come schermo per acquisire sempre più potere e spingere il maschile al di fuori di qualunque area di rilevanza sociale, economica o politica. Viene subito il dubbio che parole così sbilanciate siano frutto di un eccesso di zelo da parte della social media manager (è scontato che sia donna) che gestisce il profilo Twitter delle Nazioni Unite, serve dunque mettere gli occhi e l’attenzione sul lungo e articolato discorso pronunciato da Guterres per capire se non ci sono più dubbi sul coinvolgimento diretto dell’ONU stessa nel piano di predominio femminista-queer globale.
Tutto è stato legittimato, quando non addirittura richiesto, dall’ONU.
Nel suo speech si ritrovano pari pari tutte le tematiche che negli ultimi mesi abbiamo visto presenti sulle pagine dei maggiori media mainstream e all’interno dell’agenda politica italiana. Il coronavirus, dice Guterres, ha colpito soprattutto le donne, approfondendo la disuguaglianza di genere. In più, sono state le donne a mettersi in prima linea per combattere il virus, con dispositivi protettivi però disegnati per uomini, e quindi nel disagio e nel pericolo. C’è poi il gap nel lavoro: gran parte di esse sono operatrici, mentre gran parte dei manager sanitari sono uomini. Il tutto mentre le donne a casa si occupavano di un’assistenza informale senza la quale il covid-19 avrebbe fatto una strage. In molti casi, anche lì, in situazioni di pericolo e disagio perché recluse da uomini aguzzini, torturatori e violenti. Per questo fin da aprile l’ONU ha sollecitato tutti gli stati a mettere in atto misure di sostegno economico per le donne o per le organizzazioni che aiutano le donne. Che hanno patito la pandemia anche dal lato dei servizi sanitari: tutto è stato sospeso negli ospedali per affrontare la crisi, dice Guterres, e molte donne hanno avuto difficoltà ad accedervi, specie nel comparto della maternità.
La frase grottesca presente nel testo del tweet è lì, scritta nel suo discorso, pari pari. Non è un’esagerazione del social media manager, l’ha proprio messo per iscritto e pronunciato il Segretario Generale. Per il quale la colpa di tutto è il patriarcato e ciò che ne è disceso, e che ora danneggia tutti. Sissignori: il Segretario Generale dell’ONU fa sua, inevitabilmente a nome di tutta intera l’organizzazione, la lettura della storia umana e del presente elaborata dall’ideologia femminista. Pare poco, pare scontato, ma in realtà è uno scoop. Tutte le grandi e ampie articolazioni che hanno concatenato gli eventi del passato e l’evoluzione della civiltà umana si devono leggere, per diktat sovranazionale, con un solo paradigma universale: tutto è stato sempre dominato e deciso dagli uomini con lo scopo costante di opprimere e sottomettere le donne. Questa è la posizione dell’ONU e, a pioggia, di tutti gli stati membri, Italia inclusa. Non è assolutamente un caso che tutte le tematiche toccate da Guterres corrispondano esattamente a ciò che abbiamo sopportato per i mesi di quarantena sia sui media sia nella politica. Con tanto di decisioni inspiegabili, come i 30 milioni di euro regalati dal Ministro Bonetti ai centri antiviolenza, mentre ospedali, famiglie e attività economiche avevano bisogno anche del minimo indispensabile. Tutto è stato legittimato, quando non addirittura richiesto, dall’ONU. Da quest‘ONU che parla di “patriarcato” come se fosse una cosa seria.
Occorre preservare le nuove generazioni da quel virus orribile che è il femminismo.
Non solo: parla di sacrificio femminile durante la pandemia, come se il 70/80% dei morti non fosse stato di sesso maschile. Come se non fosse in sé già una discriminazione la prevalenza di operatori sanitari femminili, similmente alla prevalenza maschile tra i dirigenti sanitari: due sbilanci, il primo da ignorare e il secondo da compensare. Come se, trattandosi di mascherine o strumenti protettivi, non di jeans o camicie, fosse davvero grave la presenza di misure standard (non maschili, ma standard) nei presidi anti-covid. Come se durante il lockdown a casa avessero fatto tutto solo le donne, mentre i mariti se ne stavano in panciolle o a lavorare in smart-working, una bugia colossale che soltanto una femminista invasata potrebbe sostenere. Per non parlare dell’accenno alle violenze e alle “reclusioni” durante la pandemia. Giusto di recente abbiamo strappato la maschera alle bugie statistiche del 1522, dell’ISTAT e dei media al seguito, anche loro obbedientemente (e riccamente) irregimentati agli ordini superiori provenienti da New York. Come se, infine, gli ospedali non fossero saturi anche di fronte a persone con infarto, cancro e altre patologie e necessità ben più urgenti di quelli che Guterres, con fastidiosa pudicizia, chiama “servizi sanitari per la maternità”, intendendo in realtà l’aborto.
Il discorso del 31 agosto del Segretario Generale non è così memorabile da essere destinato a rimanere nella storia, ma accadrà comunque. Esso infatti segna uno spartiacque tra un’era in cui ancora ci si chiedeva o si nutriva qualche sospetto su quale fosse la natura della protezione e della spinta di cui femminismo e teoria queer si giovavano, e un’era in cui tutto è stato messo sul tavolo, scoperto, alla luce del sole, trasformando i sospetti in certezze. Molto, se non tutto, arriva da lassù, da quel carrozzone postbellico finito in mano a minoranze livorose e fanatiche, capaci da quel quartier generale di dettare la linea culturale, sociale, politica ed economica a mezzo mondo, se non di più, specie attraverso altre organizzazioni sovranazionali, come l’Unione Europea o simili. Molti speravano che non fosse così, ma evidentemente ora non c’è più via d’uscita: parte della battaglia per un ritorno alla normalità o per la costruzione di una nuova normalità che cancelli la montagna di menzogne prodotta da questo meccanismo infernale, è e sarà di radere al suolo politicamente questi organismi, spargendo poi sale sulle loro macerie. Per poi lavorare sulle nuove generazioni affinché vengano preservate dall’orribile virus, questo sì davvero pericolosissimo, chiamato femminismo.