La Fionda

Turchia fuori dalla Convenzione di Istanbul. La nostra lettera a Erdogan.

La notizia in Turchia circola da un po’, e ovviamente qui in Italia non se ne fa cenno. Da settimane il governo di Recep Tayyip Erdogan discute l’uscita dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e la violenza domestica. Lo fa tra molte polemiche interne: anche là il femminismo ha le sue organizzazioni perennemente mobilitate e i suoi interessi, ma soprattutto il paese è funestato da un numero di violenze e donne uccise (più di 400 nel 2019) davvero significativo, mica come da noi. Da segnalare, anche se totalmente irrilevante, che una delle figlie del Presidente Erdogan si è apertamente schierata contro l’abbandono della Convenzione. Niente che possa davvero indurre uno come Erdogan a recedere dalle proprie decisioni, ma in ogni caso un contesto difficile entro cui maturare una scelta così ardua eppure così saggia.

L’ipotesi di buttare la Convenzione di Istanbul alle ortiche è diventata concreta a inizio agosto, poi la discussione è stata sospesa per qualche settimana e ora, secondo le indiscrezioni del quotidiano turco Hurriyet, la decisione è presa. Ankara, dicono ambienti governativi, combatterà la violenza contro le donne con misure nazionali specifiche, uscendo da un quadro normativo internazionale in cui non si riconosce, specie per quanto attiene all’articolo 4 comma 3 della Convenzione, che auspica tutele “senza alcuna discriminazione fondata sul sesso […] sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere”. Come già la Polonia e l’Ungheria, la Turchia ritiene specifiche del genere una porta spalancata al mondo immaginario e distopico del gender, cui non ha alcuna intenzione di concedere alcun varco verso l’istituzionalizzazione. Non solo: a conti fatti l’applicazione della Convenzione, visti i dati, non solo non è servita a nulla, ma anzi ha esacerbato la situazione, con i dati delle violenze immutati o in aumento, da un lato, e dall’altro un peggioramento delle condizioni psico-sociali a carico del genere maschile. Dinamiche non diverse si sono verificate e si stanno verificando anche altrove: Spagna, Italia, Francia, paesi scandinavi e pure Israele stanno sperimentando uno status di guerra permanente tra i sessi, innescata e inasprita proprio dalle innumerevoli ingiustizie perpetrate con il pretesto della Convenzione, alla fine usata per impiantare business e stabilire privilegi a sesso unico.

Un’ipocrisia che nasconde uno sbilancio calcolato.

Sullo sfondo, nelle dichiarazioni di Ankara, la tutela dell’istituzione-famiglia, uno dei bersagli da distruggere prestabiliti dalle lobby che, dalle Conferenze del Cairo e di Pechino in poi, hanno dato l’avvio al regime femminista che sta permeando tutto il mondo occidentale. E a cui in molti dell’area solo parzialmente occidentale stanno iniziando a sottrarsi. La Convenzione di Istanbul insomma, mostriciattolo deforme che è sempre stato in piedi per miracolo, perde i pezzi. E nel caso in questione il pezzo perso sarebbe grosso: la Turchia è uno dei paesi che nel 2011 la promossero e per primi la ratificarono. Insomma non sarebbe solo un ritiro, ma una sconfessione in piena regola. Per questo ancora il governo di Ankara ha alcuni tentennamenti: la decisione sarebbe storica, un vero colpo mortale per il trattato, con qualche timore di contraccolpo rispetto al consenso politico interno. Abbiamo per questo ritenuto opportuno inviare un’email alla Presidenza Erdogan, per portare la testimonianza italiana e come incoraggiamento a non esitare in una scelta che appare tanto sacrosanta quanto attesa da tempo. Il testo dell’email, in inglese, è visionabile qui. Di seguito la traduzione del nostro messaggio.

“Sua Eccellenza Presidente Recep Tayyip Erdogan, apprendo dai media internazionali dell’intenzione della Turchia di recedere dalla “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”. Una decisione che suscita dubbi, resistenze e proteste e che tuttavia appare quanto mai opportuna alla luce di ciò che tale trattato ha ingenerato in diversi paesi, non ultimo l’Italia, paese dal quale le scrivo e che da anni è oggetto delle mie osservazioni e analisi, quale ricercatore interessato alle relazioni tra uomini e donne. Quelle relazioni che la Convenzione firmata nell’eterna città di Istanbul ha, in anni di applicazione, avvelenato stabilendo primazie e privilegi per uno dei due generi, già solo conferendo titolo di “specialità” alla sola violenza perpetrata sulle donne e relegando quella possibile sugli uomini al solo ambito domestico. Un’ipocrisia che nasconde uno sbilancio calcolato, un’iniquità priva di motivazione reale, atta soltanto a minare il rapporto egualitario e sereno tra uomini e donne, impedendone così l’equa realizzazione, specie sotto la consolidata formula dell’istituzione famiglia. Un’istituzione di protezione, sicurezza e tutela che l’ordine mondiale occidentale votato al consumismo e alla liquefazione degli individui mira apertamente (e follemente) a disgregare, e a cui dunque è doveroso opporsi.

Confrontarsi fuori dagli estremismi e dagli interessi ideologici.

Nel corso del tempo qui in Italia (ma anche in altri paesi quali la Spagna, Israele, Francia, paesi scandinavi) la Convenzione ha assunto il ruolo di pretesto per l’imposizione di una narrazione falsata della realtà, di una propaganda che schiaccia sotto un soffocante clima di oppressione l’intero genere maschile e l’eterosessualità nel suo complesso, ma soprattutto la creazione di lobby e clientele politiche alimentate da un gigantesco business di associazioni, ONG e similari, che drenano ogni anno svariati milioni di euro di denaro pubblico. Tali soggetti asseriscono di avere la missione di combattere la “violenza contro le donne”, in realtà sono strumenti di propaganda orientati alla distruzione della figura maschile e paterna e della famiglia, nonché collettori di grandi risorse pubbliche. Con l’alibi della Convenzione di Istanbul, ad esempio, tali associazioni hanno ottenuto 30 milioni di Euro dal Governo italiano durante la pandemia, sottraendoli a ospedali, attività economiche e famiglie. Con lo stesso alibi nel corso del tempo sono state concepite e approvate leggi che sovvertono lo Stato di Diritto, cancellano la libera opinione, legittimano discriminazioni contro il genere maschile chiamandole pudicamente “positive”. In altre parole in Italia, come altrove, la Convenzione è stato uno strumento in mano a un’ideologia distruttiva, frutto dell’alleanza tra femminismo e teoria gender, che fingendo di perseguire la parità tra sessi ha dato l’assalto al potere e alle casse dello Stato, comprimendo ogni libertà di pensiero ed espressione.

Dalla mia umile ma informata e documentata posizione, Signor Presidente, sostengo, anzi sollecito la gloriosa nazione turca, che tanto profondamente ho conosciuto in passato, apprezzandone e amandone il valore, a compiere con decisione il passo di ricusare la Convenzione in oggetto. Oltre a uscire da un trattato debolissimo dal lato della legislazione e della politica internazionale, così facendo la Turchia aprirà la strada a una necessaria rivoluzione culturale, politica e istituzionale su un terreno che la Convenzione ha profondamente inquinato, fin dalla sua approvazione, con l’appoggio di lobby e organizzazioni sovranazionali che hanno a cuore tutto tranne che nuove, equilibrate e positive relazioni tra uomini e donne. La violenza va combattuta tutta, indistintamente, senza che se ne affermi forzosamente una più speciale dell’altra. Il mio auspicio è che la Turchia sgombri con decisione il campo dalle falsificazioni e si renda esemplare di fronte al mondo nel consentire al suo meraviglioso popolo di uomini e donne di confrontarsi fuori dagli estremismi e dagli interessi ideologici e di concordare in modo armonico, insieme al loro Governo, le misure più efficaci ed eque per promuovere le condizioni culturali, economiche e sociali che favoriscano il contenimento e forse l’eliminazione della violenza in ogni sua forma. Con i migliori auguri di buon lavoro. Davide Stasi”.



Condividi


Read Previous

Dossier Viminale: nessuna novità. Tranne una.

Read Next

Gioele ed Evan: la colpa è dei padri, “in quanto uomini”

Usiamo i cookie per personalizzare i contenuti e per analizzare il nostro traffico. Non condividiamo le tue informazioni né con i social media, né con affiliati pubblicitari. View more
Cookies settings
Accetta
Rifiuta
Politica su Privacy & Cookie
Privacy & Cookies policy
Cookie name Active
Chi siamo

Siamo un gruppo di studiosi attivi nell'analisi delle relazioni di genere e nella lotta contro il femminismo.

L'indirizzo del nostro sito è https://www.lafionda.com.

Quali dati personali raccogliamo e perché

Questo sito è gestito in Wordpress, che  non raccoglie dati personali sui visitatori e raccoglie solo i dati mostrati nella schermata profilo utente dagli utenti registrati, tuttavia in questo sito non è prevista alcuna registrazione degli utenti. Gli unici plugin che raccolgono dati sono quelli relativi al modulo di contatto per permettere agli utenti di scrivere alla redazione, e alla newsletter, che richiedono nome, cognome e indirizzo email.

Commenti

Quando i visitatori lasciano commenti sul sito, raccogliamo i dati mostrati nel modulo dei commenti oltre all'indirizzo IP del visitatore e la stringa dello user agent del browser per facilitare il rilevamento dello spam. Una stringa anonimizzata creata a partire dal tuo indirizzo email (altrimenti detta hash) può essere fornita al servizio Gravatar per vedere se lo stai usando. La privacy policy del servizio Gravatar è disponibile qui: https://automattic.com/privacy/. Dopo l'approvazione del tuo commento, la tua immagine del profilo è visibile al pubblico nel contesto del tuo commento.

Media Se carichi immagini sul sito web, dovresti evitare di caricare immagini che includono i dati di posizione incorporati (EXIF GPS). I visitatori del sito web possono scaricare ed estrarre qualsiasi dato sulla posizione dalle immagini sul sito web. Modulo di contatto Il modulo di contatto previsto dal sito prevede soltanto la raccolta di nome, cognome ed email di chi vuole scrivere alla redazione. Cookie Se lasci un commento sul nostro sito, puoi scegliere di salvare il tuo nome, indirizzo email e sito web nei cookie. Sono usati per la tua comodità in modo che tu non debba inserire nuovamente i tuoi dati quando lasci un altro commento. Questi cookie dureranno per un anno. Se visiti la pagina di login, verrà impostato un cookie temporaneo per determinare se il tuo browser accetta i cookie. Questo cookie non contiene dati personali e viene eliminato quando chiudi il browser. Quando effettui l'accesso, verranno impostati diversi cookie per salvare le tue informazioni di accesso e le tue opzioni di visualizzazione dello schermo. I cookie di accesso durano due giorni mentre i cookie per le opzioni dello schermo durano un anno. Se selezioni "Ricordami", il tuo accesso persisterà per due settimane. Se esci dal tuo account, i cookie di accesso verranno rimossi. Se modifichi o pubblichi un articolo, un cookie aggiuntivo verrà salvato nel tuo browser. Questo cookie non include dati personali, ma indica semplicemente l'ID dell'articolo appena modificato. Scade dopo 1 giorno. Cookie Gli articoli su questo sito possono includere contenuti incorporati (ad esempio video, immagini, articoli, ecc.). I contenuti incorporati da altri siti web si comportano esattamente allo stesso modo come se il visitatore avesse visitato l'altro sito web. Questi siti web possono raccogliere dati su di te, usare cookie, integrare ulteriori tracciamenti di terze parti e monitorare l'interazione con essi, incluso il tracciamento della tua interazione con il contenuto incorporato se hai un account e sei connesso a quei siti web. Analytics Il sito raccoglie statistiche sulle visite tramite il servizio Google Analytics, la qui privacy policy può essere letta qui. Con chi condividiamo i tuoi dati I dati che conferisci tramite questo sito non vengono condivisi con nessuno. Per quanto tempo conserviamo i tuoi dati Se lasci un commento, il commento e i relativi metadati vengono conservati a tempo indeterminato. È così che possiamo riconoscere e approvare automaticamente eventuali commenti successivi invece di tenerli in una coda di moderazione. Quali diritti hai sui tuoi dati Se hai lasciato commenti, puoi richiedere di ricevere un file esportato dal sito con i dati personali che abbiamo su di te, compresi i dati che ci hai fornito. Puoi anche richiedere che cancelliamo tutti i dati personali che ti riguardano. Questo non include i dati che siamo obbligati a conservare per scopi amministrativi, legali o di sicurezza. Dove spediamo i tuoi dati I tuoi dati non vengono spediti al di fuori dell'Unione Europea.I commenti dei visitatori possono essere controllati attraverso un servizio di rilevamento automatico dello spam. Il nostro contatto Per informazioni sulla gestione della privacy puoi scriverci a lafionda.info@gmail.com
Save settings
Cookies settings