di Giorgio Russo. A Ferragosto il Ministero dell’Interno ha diffuso il proprio Dossier sull’ordine pubblico e la criminalità. Come ampiamente previsto, contiene tutto quello che serve per permettere all’industria dell’antiviolenza e ai media obbedienti di perpetuare la ben nota versione dei fatti: l’Italia è un coacervo di uomini violenti e di donne vittime. Nel dettaglio: tra le 50 pagine di slide sintetiche riguardanti tematiche di grande rilievo, dalla lotta alla criminalità organizzata alla tratta di esseri umani, passando per il terrorismo internazionale e le misure anti-covid19, si trovano due paginette interessanti ai nostri scopi. La prima è pagina 16, intitolata “delittuosità”, dove si parla degli omicidi che, ottima notizia, sono diminuiti quasi del 17% nel raffronto con i 12 mesi precedenti (278 contro 334). La causa del calo è ovviamente da ricercarsi nei mesi di lockdown, durante il quale sono avvenuti 106 omicidi (il 38% del totale). C’è poi lo scorporo specifico: su 278 omicidi, 19 sono attribuibili a questioni di criminalità organizzata, 149 sono avvenuti in ambito familiare/affettivo.
Ed ecco il gancio per poter gridare all’allarme. Una nota su quest’ultimo dato informa che il 69,8% degli omicidi commessi in ambito familiare/affettivo ha avuto come vittima una donna e che le donne sono state il 75% delle vittime durante i mesi di lockdown. L’uso ambiguo delle percentuali era già stato notato mesi fa, in occasione del report “Questo non è amore”, diffuso dalla Polizia di Stato ogni 25 novembre, e nel dossier agostano l’ambiguità si ripete. La percentuale è un dato impalpabile se non ha riferimento a numeri reali, infatti la persona sensata o il giornalista rigoroso (entrambi difficili da trovare quanto il Sacro Graal) dovrebbero chiedersi: “ok ma in pratica a quanto ammontano quel 69,8% e quel 75%?”. Basta un po’ di matematica di base: le donne uccise in ambito familiare/affettivo sono state 106, 43 di esse durante il lockdown. Questo anzitutto significa che 46 morti in ambito familiare/affettivo sono uomini (di cui 15 durante il lockdown), che essendo appunto uomini non sono degni di essere menzionati. Al di là di questa imbarazzante omissione c’è poi tutta la grande lista di ambiguità.
Perché non scorporare per nazionalità?
Ad esempio non sappiamo, il Dossier non lo dice, quale sia la quota di donne e di uomini uccisi sul totale dei 278 omicidi commessi. Lo scorporo per genere viene fatto soltanto sul sotto-gruppo dei delitti avvenuti in ambito familiare/affettivo, probabilmente per evitare di far emergere che la stragrande maggioranza delle vittime di omicidio è di sesso maschile, uccisa indistintamente da uomini e donne. Tanto meno si specifica chi siano gli autori di quei 106 omicidi di donne in ambito familiare. Non ce n’è bisogno, il meccanismo di colpevolizzazione scatta in automatico nel lettore comune e nel giornalista medio: gli autori sono sicuramente tutti uomini. Poco importa se tra di essi c’è una zia che uccide una nipote, una figlia che uccide una madre e così via. Le 106 vittime finiscono così in un colpo solo tutte attribuite all’orribile cultura maschilista e patriarcale italiana. Va da sé che in questo si nasconde un ulteriore automatismo: quei 106 sono tutti “femminicidi”, cioè delitti del possesso e della gelosia da parte di ex mariti o ex compagni. Non è così ovviamente: in quel numero ci sarà di tutto, da questioni di soldi a omicidi della pietà tra anziani, da gesti di follia di persone disturbate da anni a regolamenti di conti nella malavita, ma nonostante questo tutti penseranno (e i media così hanno detto) che si tratta di “femminicidi”.
Con l’uso misurato di omissioni, parzialità e dati impalpabili come le percentuali, oltre a una periodizzazione sfasata rispetto all’anno solare (il Dossier misura i dati agosto 2019/luglio 2020), il Dossier del Viminale insomma apparecchia un assist perfetto dove si lascia credere che le vittime di omicidio siano donne in un numero spropositato (69,8% e 75% sono percentuali che impressionano quanto basta), che gli autori siano sempre tutti uomini e che si sia trattato sempre di “femminicidi”. È evidente che ci sia dietro un calcolo nel fatto che si metta in risalto soltanto il lato femminile o familiare/affettivo dei dati. Perché infatti non scorporare per provenienza geografica? Potrebbe essere interessante capire il tot di persone del nord che ha ucciso il tot di persone del sud e viceversa. Perché non scorporare per nazionalità, cosa che aiuterebbe a capire l’apporto dell’immigrazione sul dato della delittuosità nazionale? Insomma le possibili declinazioni dei dati sono innumerevoli, una più significativa dell’altra, eppure si applica soltanto quella per genere, per di più tenendo in enfasi soltanto il dato femminile. È un chiaro bias ideologico del Viminale o, più probabilmente, un’indicazione che arriva dall’alto a cui sfortunatamente il Ministero si piega docilmente.
Alla fine i soldi pubblici e leggi “speciali” arrivano.
Segue poi pagina 19 del Dossier, intitolato “Violenza di genere”, ridotta essenzialmente ai dati sulle denunce per stalking. Anche lì il calo è notevole, causa lockdown, e anche in questo caso lo schema ci mostra su sfondo giallo, ben visibile, che il 75% delle vittime è donna. Bella scoperta. Mancano però due dati: quanti dei denunciati relativi a quella percentuale sono di sesso femminile. Lo stalking femmina contro femmina è molto diffuso, ma nella sintesi del Viminale tutto finisce nuovamente e implicitamente a carico dell’uomo. Ma soprattutto non si dice né quante di quel 75% di denunce sia stata presentata in fase di separazione coniugale (e sarebbe un dato cruciale), né che in media il 91% di quelle denunce finisce in nulla, o archiviate o in assoluzione. Sì perché, altra omissione, stavolta totalmente a carico dei media e non del Viminale, di denunce si tratta, di ipotesi di reato lamentate da un tot di persone (il 75% donne), non di fatti accertati e di colpevoli condannati. Eppure sulla stampa e sul web passano come tali. La grande mistificazione è insomma servita su un piatto d’argento. Anche se, bisogna ammetterlo, i media non hanno martellato più di tanto. Di ciccia ce n’è davvero poca, è evidente, e la questione covid-19 tiene banco più di ogni altra cosa, relegando le bugie utili all’industria dell’antiviolenza agli ultimi posti delle priorità. Sono da immaginare lorsignore a mangiarsi il cappello come Rockerduck maledicendo il virus e chi l’ha diffuso.
Una novità nel Dossier del Viminale però c’è. Si trova a pagina 20, dove si riportano i dati dell’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori e dove si dice che nel periodo considerato (agosto 2019/luglio 2020) si è contata la bellezza di 77 segnalazioni per atti discriminatori sulla base dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere. Da sottolineare: 77 su 365 giorni e su una popolazione di 60 milioni di persone. Un nonnulla, un’inezia che probabilmente, se si andassero a verificare le segnalazioni una ad una, come già in passato, rimuovendo dal novero cose come i legittimi convegni di critica alla “Teoria Queer” o le proteste di genitori contro la presenza di trans in scuole e asili, risulterebbe ragionevolmente ancora più irrilevante. Vale la pena ricordare che è però sulla base di questi numeri ridicoli che il Parlamento attuale è interamente mobilitato per approvare una legge, il PdL Zan-Scalfarotto, dai profili costituzionali dubbi, dalle tendenze palesemente liberticide e sicuramente privo di giustificazioni reali, come mostra lo stesso Dossier del Viminale. I portatori di interesse legati alle lobby GLBT hanno insomma imparato bene dalle “sorelle” femministe: ingigantisci un fenomeno, piega la realtà ai tuoi scopi, lamentati e fai la vittima a reti unificate, e alla fine i soldi pubblici e leggi “speciali” arrivano. Oh se arrivano.
P.S.: di recente Davide Stasi ha ricevuto una telefonata da una gentilissima funzionaria dell’Ufficio Stampa della Polizia di Stato, dove è stato rassicurato sul fatto che a breve gli sarebbero stati inviati i dati della app YouPol sulle segnalazioni femminili di violenza durante il lockdown, come da impegno preso nell’aprile scorso. Al momento nulla gli è ancora pervenuto. Nel caso, daremo subito notizia dei dati.