La Fionda

La storia di Alessio (decima puntata)

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di Davide Stasi. Per capire quanto accade a questo punto è necessario dare delle date. Non per forza quelle vere, saranno inventate, solo per capire. Poniamo allora che il colloquio con il Presidente del Tribunale dei Minori avvenga il 6 giugno. Il 10 giugno c’è la visita in casa di Mauro delle due psicologhe e dell’assistente sociale per il colloquio con Alessio e la relativa chiusura del terzo percorso di verifica dell’idoneità genitoriale. Le tre si posizionano in salotto, mentre Mauro se ne resta a distanza, gironzolando nel giardino e nei dintorni. Naturalmente ha posizionato un registratore nella stanza. Le tre donne sono in gamba, professionali, serie, sanno come condurre un colloquio del genere. Giocano con Alessio e intanto lo fanno parlare. E, come già detto più volte, ormai Alessio parla. Parla alla grande. E a quelle tre signore, mentre mostra i suoi giochi, la sua stanza, la piscina, dice con grande tranquillità, ripetendolo ben quattro volte, che la mamma beve. Beve e, se lui non dice ai giudici e agli altri quello che lei gli insegna a dire, lo “mena”.

“Dato che mamma beve…”

Le voci sono state alterate (e i veri nomi coperti da un bip) per non renderle riconoscibili

E anche la nonna materna. Sono sempre mezze addormentate, dice, e lui si annoia e si sente solo quand’è con loro. Non nasconde nemmeno che non gli piace l’odore che c’è in casa di mamma. “Beh, però ora dimmi qualcosa che ti piace quando sei con mamma”, lo stimola la psicologa. Alessio non ha esitazioni: “spesso non si sveglia al mattino, così io sto a casa e gioco… quello è bello”, dice ridacchiando come un monello. Le tre si guardano interdette. Una di loro scrive freneticamente su un taccuino. “E comunque basta che non disturbo e tutto va bene”, aggiunge, smettendo di ridacchiare.

“Finché non dai fastidio, è tutto a posto”

Le voci sono state alterate (e i veri nomi coperti da un bip) per non renderle riconoscibili

“E poi c’è Luigi”, aggiunge il piccolo, quasi rispondendo a una domanda che aleggiava nelle menti delle tre, ma faticava a venir fuori. Sanno che si tratta del cancelliere del Tribunale dei Minori. Quello che ha dichiarato guerra alla coordinatrice dei servizi sociali, riuscendo a farla sottoporre a un richiamo formale. Quello che, di fatto, ha dichiarato guerra anche a Mauro e, indirettamente, anche ad Alessio. “Come ti trovi con lui?”. Il piccolo ci pensa un po’ prima di rispondere, poi fa spallucce. “Boh…”. “Come boh?”, sorride la psicologa. “Non lo so… ogni tanto usciamo, ma parla sempre con la mamma. E lei non beve quando è con lui. E lui quando viene a casa si chiude in camera con la mamma… Io resto con la nonna, che però dorme sempre”. Altro sguardo incrociato tra le specialiste, altre righe scritte rapidamente sul taccuino. A quelle signore piace ascoltare e scrivere, pensa Alessio. Per farle contente gli racconta anche (a loro può, ne è sicuro) cosa la mamma gli aveva insegnato e chiesto di dire ai giudici qualche tempo prima. Una specie di recita… Le tre si guardano e una scrive, scrive, scrive… Chissà se a sentire queste parole qualcuna di loro si è interrogata sull’esistenza di quella condotta di alienazione parentale di cui alcuni ancora mettono in dubbio l’esistenza.

“Si inventa delle storie su papà”

“Mamma accusa papà di alcune cose che non fa”

“Un piano per non farmi vedere papà”

Le voci sono state alterate (e i veri nomi coperti da un bip) per non renderle riconoscibili

Poi arrivano le domande su come sta con papà e altre parole si aggiungono agli appunti, altri sguardi vengono scambiati. Durante quel colloquio, mano a mano che passavano i minuti Alessio veniva virtualmente strappato dalle mani incapaci e dannose di Gaia per venire finalmente e definitivamente consegnato a quelle sicure di Mauro. “Com’è andata?”, chiede quest’ultimo, quando rientra in casa, avvisato dalle tre che il colloquio era terminato. “Bene, bene”, lo rassicurano con un sorriso. Lo stesso sorriso già visto altre due volte in precedenza, alla fine degli altri percorsi di verifica dell’idoneità genitoriale. Conoscendo la procedura, Mauro sa che tempo due-tre giorni e la relazione della commissione sarebbe stata sui tavoli del Tribunale dei Minori e che una decisione ne sarebbe scaturita. Se davvero il Presidente era stato sincero durante il suo colloquio, pensava Mauro, la decisione era quasi scontata.

La caduta del sole sorgente.

E’ qui che prende vita uno di quei momenti che rappresentano uno spartiacque nell’esistenza delle persone. In questo caso di Mauro ma soprattutto di Alessio. E sono momenti spesso traumatici perché il disegno dell’insieme che una persona si era figurato in mente, magari fidandosi dei fatti o delle parole altrui, si scopre essere del tutto immaginario. Un po’ come fissare il levante di notte, captare il crepuscolo che precede l’alba, intuire il primo segmento della circonferenza del sole fare capolino oltre l’orizzonte, già godersi l’arrivo della luce e del calore e, sul più bello, veder il sole sparire nuovamente, cadere dietro, in fondo, ripristinando la tenebra. Questo è il momento che accade: la caduta del sole sorgente, la tenebra di nuovo per Mauro e per Alessio.

Tre giorni dopo la visita delle specialiste, Mauro riceve una telefonata del legale: “vieni qui, subito!”. Mauro corre. Il tono dell’avvocato non pareva raggiante, ma non lo era mai stato, quindi non si fa impressionare. La relazione delle tre specialiste era sicuramente arrivata, Alessio aveva vuotato il sacco (l’aveva sentito nella registrazione), il Tribunale era stato messo con le spalle al muro, sicuro al cento per cento: niente più mamma ubriacona, distratta e malevola per Alessio, ma finalmente un genitore dedito e attento. “Allora, quando mi prendo Alessio?”, scherza Mauro entrando tutto allegro nell’ufficio del legale. Che lo guarda tra il disperato e l’incazzato. “Che c’è?”, chiede Mauro. Ed ecco il buio.

Significa tornare all’età della pietra

Il Tribunale ha revocato il terzo procedimento di verifica della capacità genitoriale. Non serve più, dice, due bastano. Mauro è in panico: “ma come? L’abbiamo concluso tre giorni fa!”. L’avvocato annuisce e gli porge il decreto di revoca. E’ datato 7 giugno. Un giorno dopo il colloquio con il Presidente del Tribunale e due prima della visita delle tre specialiste. Palesemente pre-datato. Mauro crolla sulla sedia, non ci vuole credere. “Ma…”, mormora guardando il suo legale che alza una mano e fa no con la testa. Sa già cosa sta per dire il suo cliente e ha già la risposta: no, non si può far niente. Il manico del coltello e ancora dall’altra parte. Passano i minuti in silenzio. L’avvocato osserva Mauro con il viso rigato di lacrime roventi come lava. Come sempre sono le lacrime silenziose, quelle che mescolano rabbia e dolore.

“C’è dell’altro”, dice poi, quando lo vede aver ripreso il controllo. E l’altro è che il Tribunale ha accettato la richiesta di Gaia di attivare una Consulenza Tecnica d’Ufficio e di nominare un Curatore. Entrambi saranno a carico di Mauro, data la differenza salariale tra lui e Gaia. Ormai Mauro è un muro di gomma. Fissa l’avvocato dondolando lievemente avanti e indietro sulla sedia. Assorbe tutto, ingiustizia su ingiustizia. Tace e ingoia, ingoia e tace. “C’è dell’altro”, sospira ancora l’avvocato. Il Tribunale ha ritenuto di ripristinare i tempi di visita di quando Alessio andava all’asilo. Roba di tre anni prima. Significa un paio di ore al pomeriggio, week end esclusi. Significa tornare all’età della pietra, specie ora che la frequentazione era diventata non solo più assidua, ma anche più profonda in termini relazionali.

La terra dove avevi piantato fiori è quella di una trincea.

Sono questi momenti di alba abortita, questi spartiacque atrocemente spiazzanti rispetto alle evidenze e alle aspettative, le uniche cose capaci di generare la reazione alchemica misteriosa che trasforma l’amore in rabbia, la pazienza in determinazione, la sopportazione in perdita totale di freni etici. E allora ti accorgi che la terra dove avevi piantato fiori è quella di una trincea, che gli scoppi che sentivi non erano fuochi d’artificio ma bombe, che quella a cui stavi partecipando non era una festa e nemmeno una vita normale, ma una guerra. Quando te ne rendi conto hai solo due strade: spaventarti, scappare e sparire, oppure prenderne atto, armarti e combattere. Ma sul serio, senza più troppe cavallerie, senza più fiducia in niente e nessuno, come uno che non ha più nulla da perdere.

E come uno che non ha nulla da perdere Mauro il giorno dopo irrompe nell’ufficio della coordinatrice dei servizi sociali. Non serve che lei lo guardi con occhi pieni di pietà e di impotenza. Mauro non intende più farsi fregare dalle apparenze e con una manata schianta sotto il naso della donna il decreto del Tribunale dei Minori di revoca del percorso terminato qualche giorno prima. “Lei conosce questo, vero?”. La donna annuisce, senza guardarlo. “Lo sa che è un falso, vero? Che è un trucchetto, un’infamia?”. L’indice di Mauro si abbatte più volte al centro del documento con la potenza di un lampo al centro di un campo e la donna annuisce di nuovo, ma prima lo guarda, per attribuire a lui e solo a lui quelle definizioni così forti.

Le cortesie sono finite.

Mauro non ha nulla da rimproverare ai servizi sociali. In tutta la storia, e fino a quel momento, sono stati pressoché impeccabili. Forse meno coraggiosi di quanto un padre in attesa di salvare il figlio vorrebbe, ma comunque professionali e seri. Almeno fino a quel momento. “So cosa vi ha detto Alessio durante il colloquio”. La donna deglutisce. “Nonostante la revoca del percorso, non riterreste opportuno relazionale comunque e in modo ufficiale il Tribunale? Stiamo parlando di una donna che fa i propri comodi in presenza del bambino, lo trascura, lo isola, si ubriaca, lo minaccia, lo picchia, lo ustiona, si gonfia di farmaci… Vogliamo fare qualcosa per Alessio, cristiddiooo???”. Non è nel suo stile alzare la voce né imprecare così. Ma è in guerra, non è il momento di andare per il sottile. E non gliene frega un accidenti che l’assistente sociale abbia paura del cancelliere e di quello che può farle passare. Brava, seria, corretta, d’accordo, ma in ballo Mauro ha suo figlio. Le cortesie sono finite, ora si passa a si schiaccia tutto e tutti per salvarlo.

La scenata rabbiosa raggiunge il suo obiettivo. I servizi sociali, insieme alle psicologhe che hanno colloquiato con Alessio, stendono una relazione senza mezzi termini. Non c’è scritto nulla di nuovo: la madre è inidonea, il bambino ha il padre come riferimento, con lui sta bene e con lui dovrebbe stare. Ma è sull’inidoneità di Gaia che la relazione insiste in modo particolare e allarmato. E’ l’unico modo per smuovere qualcosa, e poi questo aveva chiesto Mauro, a costo di apparire banalmente vendicativo. Un giorno dopo aver ricevuto la relazione, il Tribunale ritorna sui propri passi, ma solo per la regolamentazione delle visite: non si torna più ai tempi dell’asilo, ma si riconfermano le modalità di maggiore frequenza stabilite nei tempi recenti. Il resto però rimane valido: curatore e CTU e si riparta da lì.

Non si va alla guerra senza alleati di peso.

Mauro, lo si è detto, ha capito l’antifona. Non ha più senso fare il romantico e affrontare nudi e armati solo di onore un nemico cattivo e armato fino ai denti. Prima cosa: svincola dei risparmi che teneva fermi da una vita, “per la vecchiaia” diceva. Si fa un viaggio di trecento chilometri per incontrare la maggiore esperta italiana di queste faccende e la copre d’oro purché accetti l’incarico di Consulente Tecnico di Parte. Non si va alla guerra senza alleati di peso. A meno che non si sia donne: Gaia infatti non ritiene necessario dotarsi di CTP. Probabilmente sa già che a sua tutela c’è già la CTU. Non dovrebbe essere così, ma i fatti successivi dimostreranno che da un tribunale deviato difficilmente possono scaturire CTU non altrettanto deviate.



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