di Santiago Gascó Altaba. Il femminismo ha trionfato. Su questo non ci sono dubbi. La vittoria è stata dichiarata esplicitamente in numerose occasioni dalle stesse femministe. “Non c’è momento più esaltante, adrenalinico, fruttuoso, per essere donna, oggi che il femminismo è diventato finalmente cultura prevalente, quasi moda, e ovunque nel mondo le donne sfondano soffitti di cristallo.” Viviamo nel “regno della donna” (Santidrián), in un contesto di femminilizzazione e di “femminismo diffuso” (Calabrò). Ma non fatevi illusioni, questo trionfo non vuol dire che la rivoluzione femminista sia finita. Anche su questo versante le dichiarazioni femministe sono numerose ed esplicite: c’è ancora molto da fare. Il femminismo è work in progress, siamo molto lontani dalla parità, perché la parità delle donne, la parità femminista, non si raggiungerà mai. Dunque, siete avvertiti, le cose possono soltanto peggiorare.
Quindi, malgrado la società continui a scavare nel pozzo senza fondo dell’insoddisfazione femminista, bisogna riconoscere umilmente che il femminismo ha già trionfato. E non è necessario sventolare le bandiere femministe dai balconi delle nostre case per dimostrarlo. La maggior parte del bagaglio ideologico femminista fa parte ormai del nostro DNA mentale, introiettato attraverso la scuola, i media e le istituzioni. Non ci sono enti in tutto il mondo occidentali che non annoverino, in sezioni separate o sottosezioni, uffici per i diritti delle donne (in molti casi ribattezzati con il termine “parità”). Malgrado la Carta dei diritti dell’UE elenchi 16 connotati sui quali non si può fondare la discriminazione, le uniche quote richieste, le uniche politiche non discriminatorie promosse sono quelle che riguardano i sessi. Tutte le normative dei paesi occidentali presentano asimmetrie sui sessi a danno quasi in esclusiva dell’uomo, le più note sono quelle che riguardano la coscrizione obbligatoria (anche in caso di guerra) o le norme sulla procreazione e la paternità, assieme a un lungo elenco di misure di discriminazione positiva (tutto ribattezzzato anche in questo caso con il termine “parità”). Non c’è nessun paese al mondo che raccolga statistiche ufficiali di padri separati suicidi, malgrado si sappia da decenni della loro esistenza. Quanti? Uno, nessuno o centomila, non si sa.
Il trionfo del femminismo è inappellabile.
Malgrado il diritto dei figli a intrattenere regolari rapporti personali con entrambi i genitori biologici sia un diritto umano codificato nella Convenzione sui diritti dell’infanzia (art. 9.3), nessuna istituzione internazionale lo include tra gli indicatori statistici all’ora di valutare il rispetto dei diritti umani, la civiltà o la felicità di ogni singolo paese, per il semplice motivo che il trasgressore principale in maniera schiacciante è la madre. Nei manuali sulla violazione dei diritti umani delle ONG troverete sezioni sulle donne e, più raramente, sui bambini, mai sezioni sugli uomini (che tra l’altro sono in numeri assoluti le vittime principali di queste violazioni). L’elenco può continuare. Oggi le persone accettiano tutto questo e molto di più, spacciato tutto per giustizia e parità. Accettiamo che i nostri figli vengano indottrinati ogni 8 marzo e ogni 25 novembre a scuola mediante recite di teatro, conferenze o compiti scolastici, perché è giusto così, perché molte persone effettivamente pensano che attualmente le donne siano discriminate e oppresse, e la stragrande maggioranza delle persone è convinta che storicamente le donne lo siano state in maggior misura degli uomini e per colpa loro, cosa che è, nel migliore dei casi, parziale e soggettivo, nel peggiore dei casi, assolutamente falso.
“Il trionfo del femminismo è inappellabile. Di fronte a centinaia di migliaia di pubblicazioni, libri, programmi, campagne, conferenze, enti e associazioni, soltanto qualche decina di pubblicazioni e articoli difendono la tesi opposta. Gli uomini, che prevalgono egemonici tra i barboni, carcerati, alcolizzati, tossicodipendenti, suicidi, infortunati del lavoro, non hanno trovato incomprensibilmente né motivi per lagnarsi né argomenti per controbattere le tesi femministe. All’avanzata femminista non è sorta alcuna opposizione degna di tale nome. Paradossalmente questa disfatta “patriarcale” e marcia trionfale femminista nega una delle maggiori accuse del movimento femminista: che la società giacesse sotto la tirannia monolitica dell’ideologia patriarcale e maschile. Gli uomini che, a dir loro, dominavano da secoli ideologicamente il mondo, si sono lasciati sopraffare senza difendere il proprio sesso dalle feroci accuse femministe, a dimostrazione di quanto questo dominio in realtà trovasse dimora nella sponda opposta.” (La grande menzogna del femminismo, p. 940).
“Se i fatti non concordano con la teoria tanto peggio per i fatti”.
Dunque, ammesso l’inoppugnabile trionfo del femminismo, è doveroso chiedersi: perché ha trionfato? La domanda non è banale né priva di importanza, al contrario, è degna di una profonda riflessione, tenuto conto delle premesse menzionate nel paragrafo precedente. Per tanti versi la condizione maschile non era per nulla, e non lo è mai stata, migliore di quella femminile, eppure il femminismo ha imposto nella società una narrazione che è diametralmente opposta alla realtà. Tutti siamo consapevoli dei due grandi pilastri sui quali poggiano la diffusione delle false ideologie: la manipolazione e la censura, e nel caso del femminismo, inoltre, un costante doppio standard di giudizio. Ma questi strumenti non bastano a spiegare perché dalle tre grosse ubriacature dell’ultimo secolo (fascismo-nazismo, comunismo e femminismo), soltanto l’ultima abbia dimostrato una più marcata resilienza e persistenza nel tempo alla logica, al buonsenso e alla verità. Tutte hanno adoperato la propaganda, tutte si sono appellate alle più profonde passioni larvate, paccottiglia di rigatteria emotiva, ma nessuna come il femminismo ha costruito i propri “miti fondatori” nel disprezzo più assoluto della verità, della razionalità e della coerenza, sulla base di immense bugie che a mala pena riescono a sopportare l’analisi logica di un bambino.
La violenza maschile come prima causa di morte delle donne, le milioni di streghe uccise, il martirio di scioperanti donne nella Giornata internazionale della donna, le 27 ore lavorate dalle donne giornalmente, il gap salariale, il femminicidio come conseguenza dell’educazione patriarcale in un mondo dove non esiste un solo paese con più vittime di omicidio donne che uomini, la pandemia degli stupri nei campus universitari, la femminizzazione della povertà in una società di mense pubbliche colme di uomini e padri separati e barboni maschi per le strade, ecc. Le enormità delle bugie, grandi quanto la piramide di Cheope, non intaccano affatto l’adesione morale delle masse al discorso femminista. Mai prima d’ora e per nessun’altra ideologia la ragione è stata così a lungo messa alla prova. Mai prima d’ora si era compiuto in maniera più precisa la massima “se i fatti non concordano con la teoria tanto peggio per i fatti”.
Ogni confine analitico del problema diluisce nel regno dell’emotività.
Manipolazione, censura e doppio standard di giudizio non riescono da soli a spiegare il successo del femminismo. Sembra che ci sia per una metà dell’umanità l’estrema necessità di attrarre su di sé ogni cura e sforzo, di centrifugare ogni attenzione ad ogni costo, anche a scapito addirittura della ragionevolezza e della concreta realtà. E sembra che ci sia l’estrema necessità dell’altra metà di crederci, al di là dell’abnormità di quanto implorato o proclamato a squarciagola, che brama rendersi sollecita al punto di spegnere la propria ragione. Le femministe lo sanno e ne sguazzano da decenni. Uomini che accorrono irreflessivi a soccorrere donne che gridano perché desiderano di essere salvate anche se non hanno bisogno. Donne che desiderano intimamente di dover essere al centro dell’attenzione mondiale nel tentativo di vittimizzarsi su qualsiasi problematica, anche irreale, per poter essere salvate. Uomini disposti a ignorare grandissime bugie perché non vedono l’ora di credere alle grida d’aiuto che provengono dalle donne per poterle salvare. Dove ogni confine analitico del problema diluisce nel regno dell’emotività, fino a renderlo indifferente, perché al centro del giudizio del mondo rimane non più il problema ma l’azione, il lamento femminile e la risposta maschile: la donna che grida aiuto, l’uomo che si scaraventa a soccorrerla, al di là del perché. Il trionfo del femminismo non può essere spiegato se escludiamo la biologia dalla spiegazione.
Per ulteriore approfondimento e più ampia informazione sulla questione rimando alla lettura de “La grande menzogna del femminismo” https://www.persianieditore.com/la-grande-menzogna-due-libri-a-confronto-sul-femminismo/(pp. 1102-1125). Inoltre, l’argomento verrà approfondito durante la trasmissione di Radio Londra, sabato 23 marzo alle ore 21:00.