di Santiago Gascó Altaba – “La qualità della democrazia dice che noi dobbiamo avere una presenza paritaria, perché l’esperienza ci dimostra che laddove le donne svolgono funzioni decisionali i risultati sono risultati qualitativamente molto alti, molto più alti”, ha asserito in un’intervista il 27 gennaio 2020 la ministro Bellanova. Evidentemente la ministro Bellanova aveva in mente la prima ministro brasiliana Dilma Rousseff (2010-2016), all’epoca la seconda donna più potente al mondo dopo Angela Merkel, che ebbe durante la sua gestione “risultati qualitativamente molto molto alti”, se non fosse stato per la patriarcale corruzione che determinò, con una votazione storica, il suo impeachment deciso dal Senato (61 voti favorevoli e 20 contrari) e la patriarcale crisi economica che travolse il paese.
Ma noi in Italia ci auguriamo che queste piccole contrarietà patriarcali non interferiscano nell’egregio lavoro dalla ministro Bellanova e siamo tutti certi che la sua condizione di donna prevarrà nello svolgimento delle “funzioni decisionali” con “risultati qualitatitavemente molto molto alti”. Una certezza che non è solo comune a qualsiasi “maschio” italiano, ma condivisa da tutta la mascholinità, compreso Barack Obama, che durante un evento organizzato a Singapore a dicembre 2019 dichiarò: “Se ogni nazione della Terra venisse governata da donne, in due anni vivremmo tutti in un mondo migliore. Ci sarebbero miglioramenti significativi in ogni settore: dagli standard di vita al conseguimento degli obiettivi politici”. Era talmente convinto di quanto ora afferma che quando arrivò alla presidenza nominò nella sua squadra di governo una vice donna e lui si dimise ipso facto, per amore del suo paese, in maniera che la nazione americana potesse da subito fruire i mirabili benefici della gestione femminile, riscontrabili dopo solo “due anni”.
A tutti noi maschiacci ci tocca solo chiedere scusa.
La ministro per le Pari Opportunità spagnola Irene Montero non ha dubbi: tutta la sua squadra del Ministero sono donne (per questo si chiama “Pari Opportunità”, in tutto 7 incarichi) perché “le persone più competenti per assumere i ruoli di responsabilità erano donne” (strano, mi sembrava un argomento patriarcale per giustificare i CdA prevalentemente maschili), poiché “per molti secoli la società è stata governata esclusivamente da uomini”, e come tutti noi sappiamo, l’abbiamo fatto molto molto male o, con le parole della ministro Bellanova, con risultati qualitativamente molto molto bassi. Dunque, a tutti noi maschiacci tocca solo chiedere scusa, come sostiene coerentemente Javirroyo nell’articolo di El Mundo del 28 gennaio: “Gli uomini dobbiamo chiedere perdono”. Vi avevo già avvertiti, parlando di suprematismo, qui: mea culpa, mea culpa, mea culpa…
Chi meglio di Papa Francesco a ricordarci di recente nelle prime parole dell’anno nuovo che “la donna è donatrice e mediatrice di pace e va pienamente associata ai processi decisionali. Perché quando le donne possono trasmettere i loro doni, il mondo si ritrova più unito e più in pace”. Evidentemente il Papa, oltre alla Vergine Maria, aveva in mente Cleopatra, Fredegonda, Elisabetta I di Inghilterra, Caterina II di Russia, Maria la Sanguinaria, Ranavalona la Crudele, e centinaia di migliaia di altre donne che per un caso fortuito sono capitate a combattere guerre (anche tra donne!), a torturare, a uccidere o a fare le serial killer.
“Tutti devono essere liberati, ma la donna di più”.
In fondo, come ha sostenuto il Papa: “Ogni violenza inferta all’ariano è una profanazione di Dio”. Scusate, ho letto male. “Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio” (inclusio unius, exclusio alterius). Una maniera sottile di ricordarci che l’Umanità non siamo tutti. Ma il Papa è un uomo, meglio una donna, Rula Jebreal al Festival di Sanremo, a ricordarci la nostra posizione gerarchica nell’organigrama dell’Umanità: “Ho imparato, venendo da luoghi di guerra, a credere nelle parole e non ai fucili, per cercare di rendere il mondo un posto migliore. Anche e soprattutto per le donne”. “Soprattutto” perché, o gli uomini non lo meritano (non fanno parte della stessa Umanità), o non ne hanno bisogno. “Tutti devono essere liberati, ma la donna di più”, ha sostenuto con ragione Susan Sontag.
Ragione per la quale i bambini maschi vittime di pedofilia sono stati esclusi da qualsiasi aiuto e servizio del nuovo Centro assistenza creato dal Municipio di Madrid il 15 gennaio per l’attenzione esclusiva alle vittime donne e bambine di aggressioni sessuali, esclusione che è avvenuta in diretta, videoregistrata e votata a favore nell’Assemblea municipale maggioritariamente da tutti i partiti tranne il partito richiedente la modifica. Una perla videoregistrata per capire i tempi che corrono. Evidentemente, ipotizzare che i bambini vittime potessero usufruire di pari aiuti concessi alle bambine vittime è una provocazione che potrebbe solo essere superata dalla richiesta di aiuti paritari per uomini e donne adulti vittime di violenza sessuale, richiesta che per fortuna non è avvenuta. Provocazione non necessaria.
La narrazione femminista è falsa!
In conclusione, quanto esposto finora non è un piccolo elenco di qualche esternazione aneddotica senza importanza, ma è un continuum. Il secondo volume de “La grande menzogna del femminismo”, nella sezione del Quarto Dogma che parla sulla pretesa superiorità femminile (pp. 972-989), presenta decine e decine di citazioni femministe che non sfigurano affatto rispetto alla presunta superiorità ariana affermata in tempi passati e oscuri. Esibisce un lunghissimo elenco, non esaustivo, di guerre combattute da donne, di torture, di serial killer (pp. 990-1055), o espone esempi di “risultati qualitativamente negativi” malgrado una gestione al femminile (p. 1108). Ma tutto ciò non serve a nulla finché non verrà individuato il vero problema: il problema è il femminismo, un’ideologia parziale, tendenziosa e falsa che si propaga lentamente come un virus e infetta le menti. La narrazione femminista è falsa!
Possiamo scrivere centinaia di articoli denunciando gli argomenti più svariati, le separazioni, la violenza, le quote, le aggressioni sessuali, le false denunce, la circoncisione, la sottrazione dei figli, casi specifici ed eclatanti di ingiustizie vissute di questo o di quello, ma nulla cambia se la narrazione non cambia. Finché la controparte con la quale si deve argomentare continuerà a considerare se stessa vittima e l’altro l’oppressore, a nulla servono dati, prove, documenti o smentite. Forse Rula Jebreal ha vissuto veramente una tragedia, ma ciò che è vero per lei a livello individuale diventa una grossolana bugia a livello collettivo. Lei che proviene da zone di guerra, si è chiesta che fine hanno fatto i suoi coetanei maschi orfani? Si chiede come mai quelli colpiti principalmente dal flagello dei bambini soldati sono maschi? Perché a sminare zone minate ci vanno bambini maschi, come faceva Khomeini in Iran? Perché gli ospiti prevalenti delle prigioni in zone di guerra, spesso centri di torture, sono maschi? Perché alcuni dei paesi che accolgono fuggiaschi come lei, pongono maggiori ostacoli o addirittura vietano l’ingresso agli uomini? La sofferenza maschile non la preoccupa affatto?
Mea culpa, mea culpa, mea culpa…
Finché lei si riterrà l’unica e sola vittima in quanto donna, esisterà per lei un “soprattutto” che spezza l’umanità in una parte principale e in un’altra parte marginale. Un “soprattutto” spacciato come normale e diffuso dai mezzi pubblici. Finché le persone, come Rula Jebreal, saranno infette dal virus femminista che ritiene la sofferenza femminile immane, inavvicinabile rispetto a qualsiasi sofferenza maschile, qualsiasi dialogo sarà impossibile, qualsiasi soluzione inattuabile.
“A scapito dell’universale, le ideologie chiuse mettono l’accento sui particolari (somatici, linguistici, sessuali) che fungono da elementi utili alla rigida classificazione dei gruppi umani in categorie ontologiche distinte su una scala gerarchica, senza alcuna possibirazzismolità di modifica. Caratteristiche appartenenti solo a singoli individui (purezza, violenza, usura, intelligenza, onestà…) sono estese a tutta la categoria. Quello che potrebbe essere vero a livello individuale diventa un’immensa bugia a livello collettivo. Legiferare mediante collettivi vuol dire eliminare l’universalità dei diritti e dei doveri degli individui singoli. L’essere umano è diluito, fino a farlo scomparire, all’interno di categorie, alle quali vengono assegnati privilegi e doveri. L’uso del termine “diritto” in locuzioni come “i diritti delle donne” o degli ariani o dei bianchi, riferito a diritti specifici di certi collettivi che in realtà non possono esistere in virtù dell’universalità della legge, nasconde il vero significato dell’enunciato che non è altro che la concessione di “privilegi”: “i privilegi delle donne”. Esistono solo i diritti umani, umanità alla quale appartengono tanto le donne come gli ariani e i bianchi.” (La grande menzogna del femminismo, pp. 1120-1121)
Il pensiero logico di Rula Jebreal dimora nelle ampie pianure dell’Etosfera. La sua empatia nei Campi Elisi del femminismo. Soprattutto. Mea culpa, mea culpa, mea culpa..