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La storia di Alessio (dodicesima puntata)

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di Davide Stasi. La situazione precipita. Dopo anni e anni di attacchi da parte materna e difesa strenua da parte di Mauro, alla fine tutto precipita. E’ inevitabile quando una guerra inutile si combatte sul cuore di un fanciullo. Se poi si tratta di una guerra combattuta da una delle parti in totale malafede, con il supporto di un intero sistema, il disastro è scontato. Il percorso che porta all’oggi è costellato di passi compiuti sulla vita di Alessio, che finisce così calpestato da tutti, nonostante gli sforzi titanici del padre di tutelarlo e difenderlo. Il punto di svolta è il termine della consulenza tecnica d’ufficio, durata due anni, un record assoluto. E dopo due anni, incredibilmente, la CTU decide di non decidere.

Non serve che i servizi sociali chiedano di essere ascoltati e consultati. Hanno l’affido di Alessio, sarebbe doveroso sentire il loro punto di vista, ma la CTU dice no. Quella stessa consulente in panico al pensiero che venisse svelato il suo accordo sottobanco con Gaia, rifiuta di ascoltare chi ha seguito la vicenda del ragazzo praticamente dall’inizio. Mauro deve fare la faccia cattiva e minacciare querele per imporre la loro audizione, che alla fine avviene. E i servizi sociali vuotano il sacco, raccontando tutto ciò che hanno visto e sentito. Troppo per la CTU amica di Gaia e del cancelliere suo amante. Ed è così che nel suo report la consulente dedica ai servizi sociali una parola specifica, molto precisa.

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“Collusi con la parte paterna”.

“Collusi”. Una parola che in genere si usa per chi ha a che fare con la mafia. Significa che persone al di sopra di ogni sospetto hanno relazioni strutturali con persone di malavita, scorrette, criminali. Questa è la parola che la CTU, senza vergogna, scrive sui servizi sociali: “collusi con la parte paterna”. Mauro è un delinquente, dunque, e i servizi sociali sono suoi complici. Non solo: le maestre di scuola non sono “competenti” a trarre alcun tipo di conclusione su Gaia. E quanto scrive il servizio di disintossicazione dall’alcol alla fine non è così grave. Tutto messo per iscritto dalla CTU, che poi, sulla base di questi pregiudizi, stende la sua relazione.

Il suo report è una fiera dell’anomalia. Due anni di stillicidio per sviluppare gli esiti dei test della capacità genitoriale in modo incompleto e lacunoso. Anche perché il MMPI-2 di Gaia non c’è, non l’ha mai fatto, non esiste. E se esiste, la CTU lo ignora. Produce così un documento denso di parole, impregnato di malafede, ma prudente. Sa che Mauro ha indossato l’elmetto da un po’, ha l’esposto e la querela facili, ha già fatto il mazzo al Tribunale dei Minori, quindi meglio non rischiare. La CTU così rinuncia a realizzare il piano concertato con Gaia e Luigi il cancelliere e produce ai giudici un documento vergognoso e inutile.

Alessio deve stare con lei.

A quel punto il precipizio si fa sempre più profondo. E ci cadono dentro tutti, a partire da Alessio. Nell’incertezza della relazione della CTU una sola cosa è chiara: i servizi sociali sono inadeguati, per questo il Tribunale dei Minori toglie ad essi l’affido, dà al tutto una mano di bianco decidendo per un “affido condiviso”, così lo chiamano nel decreto, e per il collocamento del minore presso Gaia. Non importa che il suo problema con l’alcolismo permanga, tanto meno che versi in condizioni economiche penose: nel frattempo sua madre, la nonna di Alessio, è deceduta, così privando Gaia anche della sua pensione. Eppure, dicono i giudici, Alessio deve stare con lei.

Non ci sono dubbi che una scelta così sia stata pilotata da Luigi il cancelliere, che ormai gestisce in prima persona la faccenda, in combutta con giudici senza cervello e senza anima, oltre che privi della minima professionalità. E la CTU non si era sbagliata: Mauro ha l’elmetto ed è armato fino ai denti. Tra lui e l’investigatore che ha assoldato da tempo, hanno ormai raccolto una quantità spaventosa di materiale su tutte le anomalie, le illegalità commesse, le migliaia di euro spesi (anche per pagare un “curatore” imposto da Gaia e, parcelle a parte, di cui non si è più saputo nulla). Con tutta la sua documentazione sale dal giudice titolare. Il botto dei faldoni sul tavolo del magistrato risuona per tutto il corridoio così come la discussione conseguente.

Il rimbombo di quei corridoi risuona nel cuore sempre più maltrattato e svuotato di Alessio. Gli adulti combattono strenuamente ormai quasi solo per il gusto di combattere e avere la meglio. Da una parte c’è il desiderio di vincere per principio, per male e dispetto; dall’altra c’è chi combatte nominalmente per proteggerlo e dargli una vita degna, ma ormai anche per un principio di legalità e giustizia che va oltre la paternità. E nel frattempo lui dentro è sempre più spento. A testimoniarlo, di nuovo è una voce terza, la stessa che più volte ha provato a farsi sentire, senza successo. Le maestre scrivono un’altra relazione, stavolta disastrosa.

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Una vita svuotata da una madre malevola.

I servizi sociali, quelli “collusi” come ha scritto la vergognosa CTU, a questo gioco al massacro del minore non ci stanno. La situazione di Alessio è grave, gravissima, e l’unica cosa che gli rimane di fare è presentare un esposto in Procura su tutto quello che sta accadendo. Dentro c’è tutto, inclusa l’ultima relazione delle maestre. Ce n’è abbastanza per mettere agli arresti l’intero Tribunale dei Minori, a partire dal cancelliere Luigi. La risposta della Procura è sconfortante: “faremo sapere entro 90 giorni”. Qualche anno prima ci misero tre giorni ad agire quando Gaia denunciò di temere che Mauro sarebbe scappato altrove con Alessio durante le vacanze estive. Il sentore folle di un’alcolista li mosse nel giro di tre giorni, mentre per un intero dossier dei servizi sociali si prendono tre mesi. Tre mesi che in questo preciso momento sono ancora in corso.

C’era una volta, e c’è ancora adesso, un bambino, che oggi ha dieci anni. Lo abbiamo chiamato Alessio. All’inizio di questa storia dicevamo che lo si poteva vedere là, nella sua stanza. Sta davanti al computer, digita e clicca, clicca e digita. Gioca a “Fortnite”, un videogame molto in voga in questo periodo. Non si stacca un momento da lì, non esce mai. Se gli andate a parlare, dovrete richiamare due o tre volte la sua attenzione prima che vi risponda. E’ il suo modo per estraniarsi. E’ sovrappeso. Parecchio. Non è un bene per la sua salute, prima ancora che per l’estetica. Così ho iniziato la storia di Alessio il 7 settembre scorso e così lo si ritrova oggi.

Una vita svuotata da una madre malevola, nonostante i tentativi di interdizione da parte di papà Mauro, che da solo ha combattuto e combatte ancora oggi come un leone per cercare di recuperare il recuperabile. Mauro è stato ed è ancora un Davide solidissimo contro un Golia cieco e insensibile: una donna, madre, spalleggiata da un intero sistema. Per questo Mauro da anni archivia e registra tutto. Per questo nelle ultime settimane mi ha seppellito letteralmente di scansioni e registrazioni, cercando di dare a questa storia tutta la verosimiglianza che merita.

La storia di Alessio è un atto d’accusa.

Quando iniziai a raccontare la storia di Alessio ci fu chi si dichiarò scettico che fosse vera e disse di attendere la documentazione comprovante. Credo di averne messa a sufficienza, facendo una cernita nel mare di documentazione fornito da Mauro. Ed è stata una pena dover tagliare, per motivi di brevità, tante altre evidenze, tanti dettagli, che renderebbero questa storia ancora più mostruosa e incredibile. Con Mauro si valuterà se raccogliere la narrazione e ampliarla con ciò che è stato tagliato, per poi produrre un libro che valga da testimonianza.

Ma testimonianza di cosa? La storia di Alessio è la vicenda di una giovane vita distrutta, anzitutto. Ma è anche un atto d’accusa. Specificamente contro il sistema giudiziario che si occupa dei minori: troppo, davvero troppo permeabile rispetto a influenze rovinose, prassi devastanti, un’insensibilità di base dovuta a una mancanza di formazione specifica. O, più di frequente, alla presenza di una formazione distorta. Nella storia di Alessio si stagliano come un punto di riferimento i servizi sociali: rigorosi, professionali, seri. In questo Mauro è stato fortunato: altrove le cose non funzionano così e su questo nel paese la situazione è a macchia di leopardo.

Non c’è vita senza giustizia.

Al contrario sembra terribilmente omogenea la condizione miserevole dei tribunali dei minori e del sistema giudiziario nel suo complesso, ormai impostato in quasi tutte le sue parti secondo un’inclinazione standard che penalizza l’uomo-padre e favorisce la donna-madre, qualunque siano le condizioni in cui questa si trova, anche le più rovinose, come nel caso di Gaia. La storia di Alessio è una storia comune, infatti. Chi più chi meno, nel grande esercito dei figli e delle figlie di genitori separati, tutti hanno vissuto qualcosa di simile. Ho deciso di pubblicarla perché molto articolata e perché Mauro mi ha offerto un archivio di prove di un’ampiezza mai vista.

Se qualcuno si chiede ancora se esiste o meno l’alienazione parentale, nella storia di Alessio ha una risposta. Idem per chi si chiede se il sistema giudiziario italiano non sia colmo all’inverosimile di storture, corruzione e anomalie. Questa vicenda, in rappresentanza di migliaia di altre, lo dice chiaro: non c’è vita senza giustizia. Anzi con una giustizia inquinata, cieca e disumana, c’è l’esatto contrario della vita. Chi avesse ancora dei dubbi, torni a dare un’occhiata a come Alessio è stato ridotto. In lui non vedrà soltanto un bambino turbato nel profondo, ma un pezzo di futuro deviato a forza verso l’infelicità. Di tutto questo qualcuno dovrà assumersi la responsabilità e pagare. Qualcuno dovrà fare qualcosa perché tutto ciò non accada più a nessuno.



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